Ecco perché l'indagine sul Viminale non regge: "Non è materia per pm"

Per l'ex magistrato Carlo Nordio le procure non devono entrare nelle politiche migratorie

Ecco perché l'indagine sul Viminale non regge: "Non è materia per pm"

Da (ex) magistrato a magistrato: l'indagine su Matteo Salvini non sta in piedi. Carlo Nordio, toga famosa soprattutto per le sue inchieste sulle Brigate Rosse in Veneto, interviene sulla questione immigrazione con un editoriale sul Messaggero nel quale spiega perché «sulla politica migratoria non decidono le procure». Da addetto ai lavori, Nordio chiarisce che l'assalto giudiziario della procura di Agrigento al ministro dell'Interno - indagato per arresto illegale, sequestro di persona e abuso d'ufficio per la vicenda della Diciotti dopo la deposizione di due alti dirigenti del ministero - non sta in piedi. Per motivi strettamente tecnici, ma anche politici, che vale la pena ripercorrere con le sue parole.

«La prima osservazione - attacca Nordio - è che questi verbali dovrebbero esser segreti, come segreta dovrebbe essere tutta l'indagine. Non vorremmo che si ripetesse la storia di Berlusconi cui l'informazione di garanzia fu notificata a mezzo stampa, senza che nessuno abbia mai individuato il responsabile». Inoltre mancherebbe un atto formale del ministero nell'individuazione del porto di approdo e delle ragioni della sosta a Catania, dal momento che Salvini la decisione di non far sbarcare i migranti l'avrebbe comunicata al telefono. «Se così fosse - dice - i problemi sarebbero immensi. Intanto, in assenza di un documento ufficiale, è quasi impossibile ricostruire la decisione ministeriale, il suo contenuto e il suo iter formativo. Poi è difficile capire se il porto di Catania sia stato individuato come porto di solo transito, o come porto sicuro, o cosa altro». Dubbi che non hanno impedito al pm Luigi Patronaggio di procedere all'iscrizione di Salvini nel registro degli indagati.

Ma l'ex magistrato ha delle perplessità anche sui reati. «L'arresto illegale - spiega sul quotidiano romano - presuppone, appunto, un arresto in senso tecnico, e qui pare invece che non sia stato arrestato nessuno. Quanto al sequestro di persona, se Catania era solo un porto di transito, il problema ovviamente non si pone. Se invece era quello di approdo, è valutazione discrezionale del ministro decidere se uno sbarco sia compatibile con l'ordine pubblico. Contestare un sequestro di persona, che per definizione deve essere illegale, a un ministro che con tutte le legittime critiche etiche e politiche fa il suo mestiere, è dunque un paradosso». Poi c'è l'abuso d'ufficio, per Nordio ipotizzato nel caso le altre accuse non reggessero, «un reato così vago e fumoso che è ben difficile provarne la commissione, soprattutto in un'attività altamente discrezionale».

Nella sua analisi Nordio affronta anche interessanti aspetti politici. Il modo di esprimersi «pittoresco» del ministro è a suo dire innegabile, ma per l'ex pm «prospettare, anche solo astrattamente, una sua delegittimazione o un suo allontanamento per un'iscrizione nel registro degli indagati è una stupidaggine così colossale che, se non vivessimo in Italia, non varrebbe nemmeno la pena di parlarne». Quali dimissioni, allora? Spiega Nordio che «poiché l'iscrizione è automatica a seguito di una denuncia che non sia anonima, noi faremmo dipendere la sopravvivenza di un ministro, e magari di un governo e di una legislatura, non solo da un'eventuale iniziativa improvvida di un magistrato operoso, ma addirittura da quella, interessata, di un cittadino motivato. Per fortuna i grillini, avvicinandosi alle stanze dei bottoni, hanno capito che questa follia andava espunta dal loro codice etico».

All'ex magistrato sembrano tornati i tempi dello scontro tra politica e magistratura dell'era berlusconiana, in cui l'arma giudiziaria veniva usata per ottenere risultati altrimenti irraggiungibili. «Le iniziative di questi giorni saranno anche doverose - sottolinea Nordio - ma rischiano di generare pericolose interferenze della magistratura nella delicatissima gestione di un fenomeno che può essere affrontato solo con gli strumenti della politica, preferibilmente in un contesto europeo o addirittura mondiale. L'idea che le procure possano intervenire nelle scelte migratorie è non solo bizzarra, ma irrazionale e ingestibile, non foss'altro perché i pm non hanno un indirizzo unitario, non sono ordinati gerarchicamente, e, cosa più importante, non subiscono alcuna sanzione per eventuali scelte sbagliate.

Mentre infatti un ministro incapace, imprudente o inetto può esser mandato a casa dal Parlamento o dagli elettori, un Procuratore può cumulare errori catastrofici senza rispondere a nessuno. Quanto alle conseguenze di queste indagini, esse rischiano di avere, naturalmente contro la volontà di chi le conduce, oggettive conseguenze politiche».

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