Ne manca una per fare cifra tonda e portare il governo Renzi a quota 50. Ieri l'Aula del Senato ha approvato in via definitiva il decreto Milleproroghe con 155 voti a favore e 122 contrari. In mattinata il ministro per i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi ha posto la questione di fiducia. Era stata chiesta anche alla Camera e la blindatura si è resa ancora più necessaria a Palazzo Madama dove i numeri del governo sono risicati. Tutto questo, nonostante nel provvedimento non ci sia praticamente nessun tema caldo, né provvedimenti soggetti a imboscate da parte di lobby forti. La fiducia di ieri è la numero 49. Alle unioni civili, l'onore della fiducia numero 50. Tra le curiosità, il voto contrario del gruppo di Ala, lo stesso che voterà la fiducia alla legge sulle unioni civili.
«Il decreto - ha spiegato il senatore verdiniano Pietro Langella - è un'anomalia tutta italiana. Un treno che parte leggero da Palazzo Chigi, ma poi si carica di vagoni pesanti strada facendo». Proteste anche da Forza Italia. Il vicepresidente della Commissione Bilancio Andrea Mandelli, ha accusato il governo di complicare «qualsiasi iniziativa economica: in meno di due anni ha promosso norme che prevedono più di 600 provvedimenti attuativi. Tutte previsioni che introducono ulteriori costi burocratici».
Il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, ha respinto le accuse, sostenendo che il numero di proroghe è ridotto rispetto al passato. E che ai 13 articoli previsti dal governo, se ne sono aggiunti 12 nel passaggio alla Camera. Come dire, l'assalto alla diligenza è anche colpa del Parlamento.
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