Era in malattia ma l'ha nascosto Si scava nella psiche di Lubitz

Nella sua casa trovati in un cestino certificati stracciati che gli proibivano di lavorare e documenti sulle terapie antidepressive

«Da come guardava la fidanzata sembrava quasi che tutta la sua vita dipendesse da lei». Forse in questa frase è racchiuso l'incipit della tragedia del volo della Germanwings. L'inedita chiave di lettura arriva dalla testimonianza di Habibalah Hassani, 53 anni, originario di Teheran e titolare della pizzeria Vulcano di Dusseldorf, dove Andreas Lubitz andava a cenare con la sua ragazza almeno un paio di volte la settimana. «Si sarebbero sposati a breve - continua Hassani nel suo racconto - almeno così mi avevano detto. Lui le aveva persino regalato un'auto. Però negli ultimi tempi si era rotto qualcosa tra loro. Non era raro vederli litigare». La coppia era in crisi, forse il co-pilota dell'A320 aveva il cuore spezzato. Di sicuro la fine del rapporto aveva provocato un repentino peggioramento del suo già fragile quadro psicologico. Tutto questo potrebbe essere all'origine del folle gesto compiuto quattro giorni fa. Mercoledì mattina Lubitz non avrebbe dovuto essere dove si trovava e soprattutto non doveva volare. Era in congedo per malattia, ma aveva nascosto a colleghi e datori di lavoro la sua condizione. Lo rivela la procura tedesca dopo le perquisizioni effettuate sia nell'abitazione del pilota a Dusseldorf che in quella dei genitori a Montabaur, nei pressi di Francoforte. Gli inquirenti hanno trovato in un cestino per la carta alcuni certificati di malattia stracciati che gli proibivano lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa. Nelle due abitazioni sono stati trovati anche documenti che dimostrano che il giovane si stava sottoponendo a una terapia a base di antidepressivi. Non è stato trovato invece alcun biglietto di addio, così come non ci sarebbero indizi da far pensare a un gesto dettato a motivazioni politiche o religiose.

Con il passare delle ore emerge un quadro sempre più complesso e inquietante sulla personalità di Andreas Lubitz. Si sapeva che nel 2009 aveva vissuto un grave episodio depressivo, superato, in parte, grazie al sostegno di uno psicoterapeuta e alla somministrazione farmacologica per circa sei mesi. L'episodio era rimasto agli atti nella documentazione del dipartimento del traffico aereo tedesco. A Lubitz era stato applicato il codice «SIC», che indica la necessità di controlli medici regolari per poter ottenere il rinnovo del brevetto da pilota. Guidare gli aerei si stava trasformando per l'artefice del disastro della Germanwings da passione in mania. «Lo chiamavamo Tomato Andy - spiega un amico - per via dei suoi trascorsi come steward. Era una mansione che non amava più di tanto. Avrebbe fatto carte false pur di pilotare un velivolo». E le carte in qualche modo Lubitz le aveva falsificate, facendo leva sulla privacy per non rivelare le condizioni precarie e non perdere l'occasione della vita. Come era falso il certificato della FAA, l'organismo federale che regola i cieli Usa, che lo citava come «esempio positivo». Il database della FAA si limita in realtà a segnalare che Lubitz possedeva una licenza da pilota privato ottenuta all'estero. Le ultime visite in ospedale risalgono a febbraio e a marzo. Lo ha reso noto l'Ospedale universitario di Dusseldorf, precisando che la valutazione diagnostica più recente è datata 10 marzo, due settimane prima dello schianto dell'A320.

La tragedia della Germanwings sta innescando l'introduzione di nuove regole di sicurezza nella maggior parte delle compagnie aeree. La Lufthansa ha annunciato la presenza obbligatoria di due persone nella cabina di pilotaggio. Le misure saranno valide per tutte le compagnie del gruppo, comprese quindi la stessa Germanwings, Austrian Airlines, Swiss Air e Eurowings. Un'analoga misura era già stata annunciata da diverse compagnie europee, tra cui Alitalia, Easyjet, e Air Baltic.

Intanto, sulle Alpi francesi, per il quarto giorno consecutivo sono proseguite le operazioni di recupero delle salme: inquirenti e tecnici specialisti setacciano tra rocce e sassi alla ricerca dei corpi e di reperti e di tracce di Dna, lavorando inerpicati su un declivio scosceso e scivoloso. Non c'è invece ancora nessuna traccia della seconda scatola nera.

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