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Erdogan re del Mediterraneo. Eni costretta a lasciare Cipro

Umiliazione per il governo. La nave italiana Saipem 12000 era bloccata al largo dell'isola dal 9 febbraio

Erdogan re del Mediterraneo. Eni costretta a lasciare Cipro

Sconfitti e umiliati. A far girare il bollettino della disfatta italiana ci pensa il governo di Nicosia annunciando che Saipem 12000, la nave da ricerca dell'Eni bloccata dalla marina militare turca al largo di Cipro è «costretta a tornare indietro». Un eufemismo dietro il quale si nasconde la triste realtà di un Mediterraneo assoggettato alla volontà del sultano Erdogan. Un sultano che ci ha imposto con prepotenza politica e tracotanza militare l'abbandono di quel blocco 3 della zona economica esclusiva di Cipro dove l'Eni era impegnata a cercare nuovi pozzi di gas su mandato di Nicosia. Un sultano contro il quale non hanno trovato il coraggio di alzare la voce né l'Italia, né l'Europa, né l'Onu. Ma partiamo dall'Eni. Prenderla a esempio della debolezza dell'Italia è fuori luogo.

L'Eni è sicuramente lo scrigno di molti e importanti interessi nazionali. E le sue prospezioni e le sue ricerche contribuiscono a garantire il fabbisogno energetico nazionale. Ma l'Eni è soprattutto un'azienda e deve render conto in primis ai suoi azionisti. Il piratesco arrembaggio di una Turchia pronta a muovere le sue fregate e a decretare un blocco navale mascherato da esercitazione militare costava all'Eni circa 600mila dollari al giorno. Proseguire in questa situazione in assenza di assicurazioni politico-diplomatiche da Roma - e soprattutto da Bruxelles e dall'Onu - veri garanti della legittimità della Zona Economica Esclusiva di Cipro - era impossibile. Più i giorni passavano e più i costi diventavano insostenibili. Ma nel vuoto lasciato dall'indietro tutta della Saipem 12000 emerge la patetica umiliazione del governo Gentiloni. Un governo che - solo cinque giorni prima dello scoppio della crisi - ha ricevuto con tutti gli onori un Erdogan arrivato a Roma con l'unico intento d'intimidire e minacciare. Nonostante la spudorata schiettezza di quelle minacce - esternate sia durante il pranzo al Quirinale sia nell'incontro con il nostro premier - il nostro governo non è riuscito ad abbozzare né una risposta diplomatica, né militare. E così la passività italiana è diventata la miglior giustificazione per l'usuale lassismo di Unione Europea e Nazioni Unite. Ma in questa cornice di ordinaria inconsistenza è difficile non notare la perenne inutilità di una Commissaria agli Esteri come Federica Mogherini incapace anche stavolta di difendere gli interessi del suo paese. E duole notare come il nostro esecutivo sia stato incapace di alzare la voce persino all'interno dell'Alleanza Atlantica. Un'alleanza in cui Erdogan si comporta ormai più da nemico che da alleato mentre l'Italia continua, come sempre, a devolvere generosi contributo di uomini e mezzi. In poche parole abbiamo capitolato su tutti i fronti.

Timorosi di muovere la nostra Marina per difendere i nostri interessi abbiamo finito con il venir umiliati non solo nel Mediterraneo, ma persino in quelle sedi come l'Unione Europea e la Nato dove noi incarniamo la ragione ed Erdogan il più spudorato sopruso.

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