Espulso l'imam di Lecco: era in Italia grazie alla Cgil

I legami di Idrizovic con il radicalismo islamico Col sindacato ha avuto il permesso di soggiorno

Espulso l'imam di Lecco: era in Italia grazie alla Cgil

«Sono in Italia da dieci anni con la protezione sussidiaria e il patronato della Cgil mi ha aiutato per il permesso di soggiorno. Non sono un terrorista», sosteneva in giugno al Giornale Idriz Idrizovic espulso ieri mattina dall'Italia per «ragioni di sicurezza nazionale». Il kosovaro, che secondo il ministero dell'Interno, ha collegamenti con il radicalismo islamico, non solo godeva della protezione sussidiaria, uno status simile a quello di rifugiato, perché nel suo paese sarebbe in pericolo. Idrizovic, dal 2008 in Italia, «stava chiedendo la cittadinanza italiana» secondo fonti dell'antiterrorismo. Nell'incontro con lui alla stazione di Lecco all'inizio dell'estate, il predicatore kosovaro respingeva le accuse di essere «un cattivo maestro» e prendeva le distanze dal radicalismo, forse perché sentiva il fiato sul collo. Per questo motivo sottolineava che come gorani, etnia non amata dagli albanesi del Kosovo, aveva ottenuto dalla Commissione per l'asilo la «protezione sussidiaria» nel nostro paese. E per questo aveva diritto al permesso di soggiorno rilasciato fino al 2019 grazie all'aiuto del patronato Cgil. Idrizovic viveva a Olgiate con la moglie e cinque figlie.

Il decreto di espulsione indica i collegamenti del kosovaro con «imam itineranti» ultraradicali come Idriz Bilibani arrestato nel 2014 dall'antiterrorismo kosovaro e Husein Bosnic alias Bilal, veterano del battaglione mujaheddin durante la guerra in Bosnia e reclutatore per il Califfato in carcere a Sarajevo. «Ho conosciuto Bosnic a Damasco nel 2004 dove studiavo arabo. Allora era una brava persona. Sul dopo ognuno deve rispondere per quello che ha fatto», spiegava Idrizovic nell'incontro a Lecco. Fino al 2012 continuava a postare sulla sua pagina Facebbok i video sermoni di Bosnic. E nel 2013 il kosovaro espulso aveva pubblicato anche il passaporto nero dello Stato islamico. «L'ho fatto perché sulla copertina c'era il sigillo con la professione di fede musulmana. Nel 2103 era l'inizio e non sapevo cosa facessero. L'ho capito quando hanno cominciato ad ammazzare i civili che non c'entravano nulla», si discolpava Idrizovic. Lo scorso febbraio, però, ha postato la foto dello sceicco cieco Omar Abdel Rahman morto in carcere negli Usa e condannato all'ergastolo per il primo attentato alle Torri gemelle del 1993, come fosse un martire. «È morto dietro le sbarre - sosteneva Idrizovic -. In un paese democratico non dovrebbe accadere».

Il kosovaro è cognato di un altro discusso imam, Sajd Bajrakthar, che predicava in provincia di Siena, dove ha invitato «cattivi maestri» come Bosnic e Bilibani. Bajraktar è tornato da poco a Restelica, un villaggio del Kosovo, punto di partenza di diversi volontari della guerra santa per la Siria. E dal decreto d'espulsione si legge che Idrizovic si collegava dall'Italia a Radio Bambus, emittente della zona di Restelica, «per predicare pensieri salafiti estremisti» secondo una fonte dell'antiterrorismo. Il dossier è stato raccolto dal Ros dei carabinieri di Milano guidati dal colonnello Paolo Storoni, oggi passato ad un altro incarico a Bergamo.

Idrizovic aveva tentato di raggiungere la sorella in Germania dove avrebbe predicato in una moschea di Dortmund, ma le autorità tedesche gli hanno proibito l'ingresso nel paese considerandolo un radicale. Nell'incontro alla stazione di Lecco dello scorso giugno giurava: «Non ho più una moschea in cui predicare. A quali giovani avrei fatto il lavaggio di cervello?».

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