Capri espiatori. Così si sente la maggior parte dei tifosi laziali, che ancora una volta ha visto finire il nome della propria squadra sulle prime pagine dei giornali e non per meriti sportivi, nonostante Immobile e compagni stiano fin qui disputando una stagione sopra le righe. E se è vero che ogni tanto guardare solo in casa propria farebbe bene, così come un esame di coscienza sul perché negli ultimi anni lo stadio Olimpico si sia svuotato lasciando a quella minoranza imbarazzante la rappresentatività di un'intera tifoseria, è vero pure che in Italia il razzismo e l'antisemitismo non abitano solo nella curva Nord biancoceleste.
Un censimento del Viminale di tre anni fa evidenziava come in Italia fossero attivi 382 gruppi, composti da 40mila ultras: 151 (quasi il 40%) hanno manifestato un orientamento politico, e in particolare 45 di destra, 40 di estrema destra, 33 di sinistra e 21 di sinistra radicale. In nome della stessa fede politica e dello stesso modo di intendere il tifo, gli stessi ultras laziali sono da anni gemellati con quelli interisti e quelli della Triestina, oltre a essere amici di quelli del Verona: nel Triveneto, come nella Capitale, la commistione tra militanti di estrema destra e tifoserie è molto forte. Quest'estate, durante la tradizionale festa della curva Sud veronese, un coordinatore di Forza Nuova urlò dal palco: «Chi ha permesso questa festa, chi ha pagato tutto, chi ha fatto da garante ha un nome: Adolf Hitler!». Una goliardata, secondo i protagonisti, ma anche l'ultimo di una serie di episodi che negli anni hanno portato gli ultras gialloblù nell'occhio del ciclone. L'episodio più famoso è datato '96, quando in risposta alle voci di un interessamento da parte del Verona per il colored olandese Ferrier, in Curva fu fatto penzolare un manichino nero con la scritta: «Negro go away». Da allora, e fino a tutt'oggi, al Bentegodi i «buh» all'indirizzo dei giocatori neri sono all'ordine del giorno.
È un fenomeno tutt'altro che circoscritto, questo, anche se quando c'è da sbattere il mostro in prima pagina certe tifoserie pagano la loro cattiva fama più di altre. Nel 2001 Omolade, giovane attaccante nigeriano del Treviso, fu addirittura fischiato dai tifosi della sua squadra per il colore della pelle, e nella partita seguente rimase famoso il gesto di solidarietà dei compagni e dell'allenatore che scesero in campo col viso dipinto di nero. Nel 2005, durante un Messina-Inter, il terzino dei siciliani Zoro protestò minacciando di uscire dal campo dopo essere stato beccato dai cori del settore ospiti. Chi invece passò dalle minacce ai fatti fu Kevin Prince Boateng, che nel 2013, esasperato dai razzisti, tornò negli spogliatoi durante un'amichevole del Milan con la Pro Sesto.
Neri, ebrei, meridionali: sono queste le minoranze più prese di mira dagli ultras italiani. «Hitler, con gli ebrei anche i napoletani», fu un delirante striscione esposto dai tifosi dell'Inter nel 1990. A Udine nel 1999 comparvero scritte antisemite con cui si intimava alla società di non comprare un giocatore ebreo, l'attaccante Ronny Rosenthal: che in effetti poi non fu ingaggiato, ufficialmente per un problema a una vertebra. Missione fallita, invece, per quei laziali che si misero di traverso quando Cragnotti prese Winter (nero ed ebreo, pensate che oltraggio!), visto che l'olandese in biancoceleste poi ci giocò e anche bene.
Sono episodi che sono rimasti nell'immaginario collettivo: a volte perché obiettivamente abnormi, altre perché, come detto, quando sono alcune tifoserie a macchiarsi la prima pagina (soprattutto di alcuni giornali) è assicurata, mentre ad altri è riservato un trattamento più morbido. Tornando a Roma, dove quest'ultimo bubbone razzista è appena esploso, solo recentemente si è iniziato a prendere atto che l'infiltrazione dell'estrema destra razzista riguarda tanto la curva Nord laziale quando la Sud romanista, assurta al disonore delle cronache nell'ultima trasferta a Chelsea con gli ululati all'indirizzo dell'ex Rüdiger.
Ma quando all'indomani della sconfitta con la Lazio nella finale di coppa Italia 2013 Testaccio fu imbrattato con scritte come «Anna Frank tifa Lazio» nessun editoriale indignato venne dato alle stampe. E chi oggi si sente capro espiatorio forse qualche ragione ce l'ha. FMal- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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