L'hanno ingaggiato sulla base della sua esperienza di ex militare. L'hanno fatto infiltrare in una delle gang di motociclisti più pericolose d'Australia, i Bandidos. Poi, nel 2006, gli hanno «bruciato» la copertura con un comunicato stampa. E lui si è trasformato in un condannato a morte. A quel punto è fuggito in Canada, dove senza volerlo si è guadagnato un primato: quello di essere il primo cittadino australiano rifugiato in un altro Paese.
«In un ampio quadro di corruzione, inettitudine e difficoltà strutturali» lo Stato australiano ha fallito nel garantire una «protezione effettiva» al suo (ormai ex) cittadino, si legge nella storica sentenza dell'Immigration and Refugee Board canadese, il tribunale amministrativo competente in materia di immigrazione che ha concesso lo status di rifugiato all'ex informatore. Stevan Utah era stato arruolato dall'agenzia investigativa del governo, l'Australian Crime Commission, nell'ambito di un'operazione nazionale contro le bande di motociclisti fuorilegge. I Bandidos, nati negli anni Sessanta in Texas e considerati tra i Big Four, cioè tra i quattro motorcycle club più diffusi a livello mondiale, dall'inizio degli anni Ottanta hanno una trentina di cellule anche in Australia. Utah era riuscito a penetrare la gang, arrivandone a conoscere la storia, le abitudini e le attività. In questo modo aveva aiutato le autorità australiane a perseguire crimini di vario genere, dalle aggressioni alla vendita di armi rubate, passando per omicidi ed esecuzioni. Era stato lui a far ritrovare, quattro anni dopo la sua scomparsa, il cadavere di Earl Mooring, vittima di un assassinio particolarmente efferato per cui il governo aveva annunciato una ricompensa di mezzo milione a chi avesse fornito informazioni a riguardo. Il lavoro dell'ex militare, però, era andato in fumo quando l'agenzia governativa l'aveva «scaricato» rivelandone l'identità con un comunicato stampa, diffuso per dimostrare di avere una fonte all'interno dei Bandidos. Che da quel momento la giurarono a morte a Utah.
Dopo che alcuni membri della gang avevano tentato di ucciderlo, l'uomo è volato in Canada. Qui l'anno scorso, a oltre dieci anni di distanza, il caso si è concluso: le autorità canadesi hanno accettato la sua richiesta di asilo e hanno riconosciuto il pericolo a cui sarebbe stato soggetto se fosse tornato in patria.
All'emittente Abc, che ne ha raccontato la storia, Utah si è detto «contento per l'Australia» per il fatto che le nuove misure anti-gang stiano funzionando. «Ma il punto - ha voluto ribadire - è che io ora non sono più australiano».
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