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Export, Bruxelles ancora in guerra con Londra. "Dall'Ue 9 milioni di fiale, da voi invece niente"

Johnson convoca il rappresentante diplomatico e smentisce. Ma non dà dati

Export, Bruxelles ancora in guerra con Londra. "Dall'Ue 9 milioni di fiale, da voi invece niente"

La guerra alla pandemia si è trasformata in guerra dei vaccini tra Paesi apparentemente amici e alleati. Con tutte le sue implicazioni economiche e geopolitiche. Le prime avvisaglie si erano viste subito dopo la decisione del presidente Mario Draghi di bloccare l'export verso l'Australia di 250mila dosi di AstraZeneca. Il Regno Unito ha subito criticato la mossa italiana, che è stata fatta propria dall'Ue. Da quel momento i toni dello scontro tra Bruxelles e Londra sono cresciuti quotidianamente.

Dopo le accuse del presidente del consiglio europeo Charles Michel a britannici e americani, responsabili di aver fermato l'export di vaccini nei loro territori («I fatti non mentono»), ieri è arrivata la replica stizzita da Londra per bocca dello stesso premier Boris Johnson. «Voglio essere chiaro: non abbiamo bloccato l'esportazione di vaccini o di componenti di vaccini». Replica secca a un'accusa pesante. «Questa pandemia ci ha messo tutti dalla stessa parte nella battaglia per la salute globale, ci opponiamo al nazionalismo dei vaccini», ha aggiunto Johnson. Ma il governo britannico non si è fermato alle parole e ha convocato il rappresentante diplomatico della Ue per ricevere gli opportuni «chiarimenti». Il ministro degli Esteri Dominic Raab ha inviato una lettera a Michel definendo «completamente falso qualsiasi riferimento a un divieto di esportazione da parte del Regno Unito». Ora il governo britannico si aspetta una rettifica ufficiale da Bruxelles.

Rettifica che non arriverà. Anzi. Ieri è sceso in campo anche il presidente del gruppo Ppe all'Europarlamento, Manfred Weber, che ha rincarato la dose. «Raab smetta di darci lezioni e ci mostri i dati di esportazione dei vaccini in Europa e altrove ha affermato - Negli ultimi mesi sono stati inviati 8 milioni di vaccini Pfizer dall'Europa al Regno Unito. Quanti vaccini ha inviato Londra in Europa?». E qui siamo al vero nodo della questione. Fonti di Bruxelles hanno reso noto ieri che l'Ue, dallo scorso 1° febbraio, ha esportato 34 milioni di dosi in 30 Paesi. I primi beneficiari sono stati la Gran Bretagna con 9 milioni, poi 4 milioni al Canada, 3 al Messico e un milione agli Stati Uniti. Londra non ha voluto rilasciare dati sul numero di vaccini esportati in altri Paesi. Nella polemica è entrato anche il responsabile della Salute del Ppe, Peter Liese, che ha chiesto alll'Ue di valutare «un divieto totale di esportazione di vaccini», visto che gli altri Paesi non condividono la loro produzione. Un'accusa diretta a Usa e Gran Bretagna che «riforniscono solo se stessi». Liese ha spiegato che Londra ha siglato un contratto di fornitura vaccini in cui si prevede che il Regno Unito abbia la precedenza sugli altri Paesi. «AstraZeneca lo ha ammesso parlando con me», ha aggiunto.

Di fronte a quei vaccini che lasciano l'Europa per altri lidi, sorge naturale una domanda: perché? La risposta sta nei contratti firmati da Bruxelles con le case farmaceutiche, che hanno messo in mostra il flop della Ue su queste indispensabili forniture. Qui entra in gioco non solo la ripresa economica e sociale, che più ritardano i vaccini e più s'allontana, ma la tenuta stessa dell'Unione.

Dopo Ungheria e Slovacchia che sono andate da sole a prendersi lo Sputnik, Austria e Danimarca che produrranno vaccini assieme a Israele, e ora Italia e Spagna che vogliono produrre vaccini russi in casa, la solidità dell'Ue ne esce compromessa.

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