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Facciamo sventolare noi il tricolore vietato a Bolzano

Per il centesimo anniversario dell'ingresso italiano nel conflitto '15-'18, la Provincia impedisce di esporre la bandiera. Non vergogniamoci di una vittoria

Facciamo sventolare noi il tricolore vietato a Bolzano

Domani cadrà il centesimo anniversario dell'ingresso italiano nella Prima Guerra mondiale. Il governo ha disposto che il tricolore sia esposto in tutti gli edifici pubblici. Chiaro e semplice. Ma il presidente della provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, non ci sta. Giudica la direttiva di Palazzo Chigi sbagliata e incomprensibile per la popolazione di lingua tedesca - alla quale Kompatscher appartiene - e di lingua ladina. Aggiunge che avrebbe tutt'al più capito le bandiere a mezz'asta per onorare chi nel terribile scontro perse la vita. Ma di più no.

La vicenda ha un riflesso politico perché la Südtiroler Volkspartei è alleata del Pd. E Forza Italia lamenta che Renzi, sempre pronto a slanci nazionalisti, abbia in questo caso taciuto. Lo sciopero del bianco rosso e verde, che vuole attestare insofferenza e ribellione, avverrà - se avverrà - nella provincia più ricca e prospera della penisola, e in un giorno durante il quale, per singolare coincidenza, si svolgeranno i ballottaggi elettorali nei comuni di Bolzano, Merano e Laives.

Un secolo non è bastato per sopire rivendicazioni remote e per far tacere le proteste in una terra economicamente beneficata. L'Italia, che vide nel trentino Alcide De Gasperi il suo maggior statista, ha concesso molto alle irrequietudini campanilistiche dei sudtirolesi, consapevole delle inadempienze e lentezze d'uno Stato, il nostro, tutt'altro che esemplare. Ma il ricordo dì una guerra vinta - che fu di popolo anche se molti nel popolo d'allora combatterono e morirono senza porsi un perché - non ce lo possono scippare. Ai vincitori, giusto o sbagliato che sia, spetta il diritto di festeggiare le vittorie. E di festeggiare anche l'inizio di quella Grande Guerra che fu dichiarata tra incertezze ed equilibrismi, ma che completò il percorso sacrosanto del Risorgimento e dell'Unità.

Siamo troppo abituati, di questi tempi, a macerarci nell'umiliazione. Ma gli altri hanno sventolato vessilli, sparato salve di cannone, ballato in piazza per l'anniversario della Seconda Guerra mondiale. E allora noi dobbiamo avere la fierezza di rendere omaggio alla Grande Guerra, ai suoi seicentomila morti ricordati in innumerevoli monumenti lungo lo Stivale. Guardiamoci bene dal cedere alla bolsa retorica trionfalistica. Ma se il 25 aprile ci abbandoniamo a un'euforia tripudiante per la conclusione d'una guerra malamente perduta possiamo ben dedicare il nostro entusiasmo alla memoria d'una guerra al cui termine i resti di un possente esercito nemico - cito Diaz - risalirono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Massimo rispetto per gli altoatesini che militarono valorosamente nell'esercito di Vienna. Possiamo accomunarli ai nostri morti, nel cordoglio.

Ma l'orgoglio del tricolore sventolante ce lo teniamo, e finalmente dopo tanto tempo i Kompatscher dovrebbero farsene una ragione.

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