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"Facebook riammetta CasaPound"

La sentenza del Tribunale: violato il pluralismo. Un giudice grazia il prof pro Hitler

"Facebook riammetta CasaPound"

Chi viene bandito da Facebook viene anche di fatto «escluso, o fortemente limitato dal dibattito politico italiano», in violazione del diritto al pluralismo e alla libera associazione garantiti dalla Costituzione. Per questo motivo il social network deve procedere alla «immediata riattivazione» del profilo di CasaPound che era stato chiuso lo scorso 9 settembre perché colpevole, secondo la società di Mark Zuckerberg, di veicolare messaggi d'odio. Il tribunale civile di Roma ha accolto il ricorso d'urgenza del movimento politico di estrema destra e ha disposto a carico di Facebook un risarcimento di 15mila euro per i giorni di chiusura.

Il giudice Stefania Garrisi ha deciso il ripristino della pagina ufficiale e anche del profilo di Davide Di Stefano, leader romano e amministratore della stessa, in base al principio per cui «la quasi totalità degli esponenti politici italiani quotidianamente affida alla propria pagina Facebook i messaggi politici e la diffusione delle idee del proprio movimento» e dunque essere esclusi dalla piattaforma equivale a essere esclusi dal dibattito. Secondo il magistrato è evidente il «rilievo preminente assunto da Facebook con riferimento all'attuazione di principi cardine essenziali dell'ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici». Bloccare CasaPound «è in contrasto con il pluralismo» poiché «elimina o fortemente comprime la possibilità» per il movimento «di esprimere i propri messaggi politici», diritto garantito dall'articolo 49 della Costituzione.

Il 9 settembre decine di pagine legate a CasaPound e Forza Nuova erano state disabilitate perché secondo Facebook avevano violato gli standard della community divulgando contenuti d'odio «attraverso la promozione degli scopi e delle finalità del movimento». Il tribunale però osserva che CasaPound opera «legittimamente nel panorama politico italiano dal 2009» e dunque «non è possibile affermare la violazione delle regole contrattuali solo perché dalla propria pagina Facebook promuove i suoi scopi». Il giudice nota poi che i contenuti segnalati da Facebook «non hanno trovato ingresso nella pagina Facebook di CasaPound ma sono stati tratti da articoli comparsi su quotidiani online estranei» al social, dunque CasaPound non può esserne ritenuta responsabile. Infine, «non è possibile sostenere che la responsabilità sotto il profilo civilistico di eventi e comportamenti anche penalmente illeciti da parte di aderenti all'associazione possa ricadere in automatico sull'associazione stessa». Il giudice ricorda che possono essere rimossi singoli contenuti ritenuti non accettabili da Facebook, ma in questo caso non sono state ravvisate motivazioni che giustificassero la disabilitazione della pagina. «Il tribunale civile ha riconosciuto le nostre ragioni e ora tutte le nostre pagine andranno riattivate altrimenti ci sarà una multa di 800 euro per ogni giorno di mancata riattivazione - commenta il leader di CasaPound Gianluca Iannone - È una vittoria importante perché si era trattato di una chiusura pretestuosa nei confronti di un movimento che ha rappresentanti eletti nei consigli comunali». Il 14 gennaio ci sarà l'udienza sul medesimo ricorso di Forza Nuova.

E un altro profilo social incriminato resterà per ora attivo: quello su Twitter di Emanuele Castrucci, il professore di Filosofia del diritto che aveva pubblicato una foto di Hitler con la frase: «Vi hanno detto che sono stato un mostro per non farvi sapere che ho combattuto contro i veri mostri che oggi vi governano dominando il mondo». Il gip di Siena, Roberta Malavasi, ha rigettato l'ordinanza di sequestro disposta dalla Procura. Il magistrato non ha ravvisato gli estremi del reato di propaganda e istigazione all'odio razziale, ma una rilettura storica e apologetica.

I pm faranno ricorso al Riesame.

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