I l copione si ripete immutabile, da anni. Ogni volta che all'interno della magistratura iniziano le manovre per la assegnazione di una poltrona importante, una carica in grado di controllare processi e inchieste, arriva quello che Luca Palamara nel suo libro chiama «il Cecchino». Contro uno dei candidati, mani misteriose fanno inevitabilmente partire scoop e voci. Il risultato viene quasi sempre raggiunto: il candidato viene azzoppato, la strada viene aperta ad altri nomi.
È quanto sta accadendo anche nella partita per una delle nomine più importanti della magistratura italiana: la nomina del Procuratore di Milano, il successore di Francesco Greco, l'attuale capo che andrà in pensione il prossimo 13 novembre. E a venire preso di mira è uno dei più autorevoli candidati alla carica: Giuseppe «Jimmy» Amato, attuale capo della Procura di Bologna. Un magistrato esperto ed equilibrato, uscito immacolato anche dalle chat di Palamara (nonostante appartenesse alla sua stessa corrente, Unicost). E ora alle prese con noie disciplinari quanto mai tempestive.
I problemi nascono dalle carte inviate al Consiglio superiore della magistratura dalla Procura di Trento, guidata da Sandro Raimondi. Raimondi dirige una indagine delicata sul lato oscuro della Cantina di Mezzocorona, uno dei colossi del vino trentino, protagonista dell'acquisto di alcuni terreni in Sicilia riconducibili ad ambienti mafiosi: tra cui il famoso «Feudo Arancio», che avrebbe portato al superlatitante Matteo Messina Denaro. La Procura di Trento sequestra i terreni, il presidente della Mezzocorona Luca Rigotti fa ricorso al Riesame e vince. Rigotti è amico del presidente del tribunale, Guglielo Avolio, che si astiene dall'udienza. Ma l'autista di Rigotti viene intercettato mentre parla con un avvocato: salta fuori che Avolio «ci ha confezionato un collegio sicuro». La Procura di Trento trasmette le intercettazioni al Csm. E il presidente Avolio viene rimosso dall'incarico.
Ma nelle intercettazioni partite per Roma c'è anche dell'altro. Sono conversazioni dove appare anche Jimmy Amato, che conosce bene l'ambiente trentino perché sotto la Paganella ha lavorato per anni. Amato pare che venga intercettato mentre parla con Rigotti: è una conversazione che la Procura di Trento considera neutra, irrilevante, e che trasmette a Roma solo per completezza. Ma qui qualcuno la nota, e decide di usarla contro Amato. E parte il tam tam.
La corsa per la Procura milanese ufficialmente è ferma ai blocchi di partenza. Prima di metterla all'ordine del giorno, il Csm deve risolvere un'altra faccenda spinosa, la nomina del procuratore di Roma, dopo che la scelta dell'attuale capo Michele Prestipino è stata annullata dal Tar. Il fascicolo su Roma a quanto pare non verrà chiuso prima della fine di novembre, e solo a quel punto inizierà la discussione sul nuovo capo di Milano: scelta delicata, perché si tratta di portare la Procura ambrosiana fuori dalla palude di veleni in cui è affondata negli ultimi mesi. Infatti dietro le quinte le grandi manovre sono già iniziate intorno alle nove candidature arrivate al Csm. Tre appaiono in pole position: quelle di Amato, del procuratore generale di Firenze Marcello Viola e del procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli.
Ma Viola è destinato verosimilmente a Roma, e Romanelli rischia di essere penalizzato dall'avere compiuto a Milano quasi tutta la sua carriera: una volta sarebbe stato un vantaggio, con l'aria che tira è divenuto un handicap. Così la candidatura di Amato sembrava presentarsi come la scelta più naturale. Fino a quando è arrivato il Cecchino.
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