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La fake news sui tg Rai rovinati dal centrodestra

La tv generalista perde spettatori, ma per la sinistra è solo colpa di "TeleMeloni". Intanto il Tg1 cresce

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Dopo Meloni, l'obiettivo in subordine è la Rai, alias «Tele Meloni», appunto. La campagna militare della sinistra finora ha ottenuto solo lo scalpo di Pino Insegno, magro bottino. I bersagli grossi sono ovviamente le testate in quota centrodestra, in primis il Tg1 di Gian Marco Chiocci, scelto personalmente dalla premier e quindi nemico da abbattere. L'artiglieria pesante è puntata lì. Anche i dati Auditel e Agcom vengono letti in chiave bellica, il messaggio che deve passare è: i telespettatori fuggono perché l'informazione Rai è troppo di destra. Un racconto fantasy che serve ad accompagnare la teoria di un regime che non lascia spazio all'opposizione e imbavaglia le notizie. I numeri raccontano in effetti una storia diversa. Intanto, quelli più freschi sul fronte ascolti, dicono che confrontando la prima settimana del 2024 con lo stesso periodo del 2023 il Tg1 è quello che cresce di più tra i notiziari nazionali della tv pubblica e privata. Nel gennaio del '23 l'edizione delle 20 aveva uno share del 24,4%, nel 2024 il 25,6% (+1,3%). Cresce anche il TgR ma in percentuali minori, scendono di poco Tg2, Tg3, Tg5, Studio Aperto, Tg4, mentre guadagna uno 0,4% il TgLa7.

Se prendiamo la serata del 7 gennaio, il Tg1 batte la concorrenza del Tg5 con un 24,7% contro 21,5%, mentre il Tg2 si ferma al 5,4%, a causa soprattutto - spiegano dalla Rai - della concorrenza agguerrita di programmi molto seguiti su altri canali a quella stessa ora. Repubblica però parla di «crisi nera per Tg1 e Tg2» e di una «fuga di telespettatori» dai tg, soprattutto della Rai perché troppo «meloniano» il tg1 e troppo amico di Tajani il direttore del Tg2. Il fenomeno però è generale e non dipende dal colore politico della direzione. Anno dopo anno la tv generalista perde pubblico, a favore delle piattaforme di streaming ma anche dei social network su cui invece si passano sempre più ore. I notiziari televisivi seguono il medesimo trend in discesa. Tutti i tg, della Rai e delle reti private, chi più chi meno. L'Agcom nel suo «Osservatorio sulle comunicazioni» appena pubblicato certifica il lento ma costante esodo dalla tv tradizionale. Solo dal 2019 al 2023 le principali reti tv hanno perso il 10,4% di telespettatori, i principali tg nazionali altrettanti (-10%), con variazioni tra i diversi tg, ma tutti con bilancio negativo. Il raffronto con il solo 2022, poi, penalizza in particolare il Tg1, perché - fanno notare gli esperti - il 2022 è stato un anno in cui si sono verificati grandi eventi - dalle elezioni politiche alla morte della regina Elisabetta - che hanno «drogato» lo share soprattutto del tg della rete ammiraglia Rai, che vive di questo tipo di notizie. Tolti gli spettatori aggiuntivi portati dai grandi eventi di cronaca del 2022, il Tg1 sarebbe in positivo.

Sempre l'Agcom smentisce, poi, la tesi dei tg «meloniani». Se si guarda l'ultimo monitoraggio disponibile (novembre 2023) emerge che il tempo di parola dato dai tg Rai alla maggioranza è in equilibrio con quello dell'opposizione, a volte persino minore. Guardiamo il Tg1: Fdi a novembre ha avuto il 15% del tempo, il Pd il 17%, la Lega il 9%, meno del M5s che ha avuto l'11%. Il governo e il premier, in tutti i tg Rai, hanno avuto il 35% circa del tempo. Nulla in confronto ai tempi di Conte o Draghi a Palazzo Chigi, quando per il governo si era arrivati a percentuali bulgare, oltre il 50% e fino al 60% del tempo. È quello che il premier Meloni ha sostenuto in conferenza stampa di fine anno: «Abbiamo un servizio pubblico riequilibrato, dopo anni che io, come opposizione, ho pagato». Il nuovo sindacato Rai, Unirai, risponde a Repubblica: «In una cornice di generale decremento degli ascolti dei notiziari generalisti, a inizio 2024 il Tg1 è l'unico in risalita nella sua edizione di punta, mentre il Tg2 sta costantemente assottigliando la distanza che lo separa dal Tg5 nell'edizione concorrente delle 13».

Anche i numeri, se c'è un governo di destra, diventano un'opinione.

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