Matteo Basile
Poteva essere la sua settimana di gloria, invece per Nigel Farage si sta trasformando in un calvario. Il leader dell'Ukip è stato tra i più ferventi sostenitori della Brexit e dopo il voto dei suoi connazionali avrebbe sperato di festeggiare. Ma parole, promesse e atteggiamenti borderline che fin qui lo hanno identificato e reso in qualche modo un personaggio «simpatico», gli si stanno rivoltando contro.
L'ultimo capitolo del «Farage bastonato» è andato in scena ieri al parlamento Europeo, a Bruxelles. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker interviene affermando che sarà doveroso tenere conto della volontà del popolo inglese. Vedendo che tra coloro che applaudono c'è proprio Farage, il solitamente austero e compassato Juncker si blocca. Lo guarda, quasi a sfidarlo, di colpo passa dal francese all'inglese e dice: «È l'ultima volta che lei applaude qui. Lei è un sostenitore della Brexit, perché è qui? Ora avete preso una decisione, e ora ne dovete accettate le conseguenze». Ovazione dell'aula. Già perché Farage è da sempre un duro oppositore dell'Europa e delle sue istituzioni, tanto critico in aula quando duro in patria. Eppure il leader del partito indipendentista inglese siede sul comodo scranno di Bruxelles dal lontano 1999. E nonostante odi, almeno a parole, tutto ciò che l'Europa rappresenta, da 17 anni incassa con gioia il ricco assegno mensile che gli viene corrisposto. E, quasi per sfregio, al parlamento europeo ha assunto anche la moglie come collaboratrice. Poco importa che lo stipendio percepito sia in sporchi e schifosi euro anziché in luccicanti sterline. A rinunciare alla cospicua busta paga, Farage non ci pensa neanche e a dimettersi tantomeno.
Umiliato a Bruxelles, dopo essere stato umiliato pesantemente in patria, in diretta Tv. La durissima campagna elettorale pro Brexit è stata improntata da Farage su un dato economico. Secondo lui e i sostenitori del «leave», il Regno Unito avrebbe elargito all'Unione Europea la bellezza di 350 milioni di sterline ogni settimana. Sebbene la cifra fosse stata smentita ufficialmente, sia dal governo britannico che dalla Ue, Farage ha continuato a spingere su questo dato ed anzi ha rilanciato promettendo che in caso di Brexit quei soldi sarebbero stati utilizzati per il servizio sanitario nazionale. Ma il giorno dopo il sempre sorridente Nigel, ospite della tv inglese, ha perso l'aspetto pacioso quando, dopo aver negato di aver mai fatto quella promessa, è stato inchiodato dalla giornalista fino ad ammettere che no, non poteva affatto garantire che quei soldi sarebbero andati effettivamente al servizio sanitario nazionale. Una balla elettorale in piena regola che ha fatto finire nell'ochio del ciclone quello che fino ad allora si era definito «l'uomo nuovo» e «l'uomo del popolo».
E che ora, a risultato elettorale acquisito, invece di essere esaltato e celebrato ha collezionato brutte figure in serie ed è anche riuscito nell'ardua impresa di far passare per simpatico un freddo e rigido burocrate come Juncker.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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