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La favola dei "Paesi sicuri": il governo gioca sui rimpatri

Si riduce il tempo per le domande di asilo dei cittadini di 13 Stati. Il Guardasigilli: invertito l'onere della prova

La favola dei "Paesi sicuri":  il governo gioca sui rimpatri

I l «primo step», annuncia Di Maio, del piano «rimpatri sicuri» del governo giallorosso. Ed è tutto quello che «non è stato fatto - aggiunge mirando dritto a Matteo Salvini - nei 14 mesi di governo precedente». Sul terreno che fu del segretario leghista entra a gamba tesa l'ex alleato e neo ministro degli Esteri con un decreto che «non urla ma che fa i fatti», punge ancora. Il provvedimento firmato anche dal ministro alla Giustizia Alfonso Bonafede e da quello dell'Interno Luciana Lamorgese stila una lista di 13 Paesi da considerare «sicuri» e con i quali si dovrebbe accelerare i rimpatri. Come? Secondo Di Maio, questa mossa dovrebbe rendere più veloce l'esame delle domande di asilo dei migranti provenienti da quegli Stati e di conseguenza più celere anche il loro rimpatrio.

Il titolare della Farnesina parla di tempi per le risposte alla domande di asilo che «si ridurranno da una media di due anni (che comprende anche i ricorsi in tribunale ndr) a 4 mesi». Si tratta però di una stima, non di un dato certo. Di Maio confida comunque così di ridurre le lungaggini burocratiche che ostacolano i rimpatri e che costituiscono un imbuto per i nostri tribunali: a luglio 2019, stando ai dati snocciolati dal ministro Bonafede, nelle aule di giustizia si contavano 70mila pendenze in materia di asilo. I 13 Paesi sicuri inseriti nel decreto sono Algeria, Tunisia, Albania, Bosnia, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Senegal, Serbia e Ucraina. Il decreto non definisce nuovi accordi con tali Paesi, ma fornisce una lista che servirà alle nostre commissioni che esaminano le richieste di protezione internazionale a rifiutare più velocemente quelle di chi proviene da uno degli Stati nell'elenco.

«Ci sarà una valutazione caso per caso naturalmente - ha precisato Bonafede - ma sarà diverso il meccanismo dell'onere della prova: in mancanza di prova contraria si ritiene che non ci sarà il presupposto per ottenere protezione». Molti problemi restano, però, perché di accordi effettivi per i rimpatri l'Italia ne ha solo con Tunisia, Egitto, Nigeria, Marocco. E hanno più di qualche difficoltà: «Vanno potenziati», promette il ministro, insieme con l'aumento «del fondo rimpatri che può arrivare a 50 milioni di euro»: «La redistribuzione in Ue non è una soluzione definitiva, se le persone che arrivano non hanno diritto a stare qui dobbiamo fare di più. Su 7mila arrivi di migranti quest'anno, un terzo provengono da questi Paesi sicuri».

«Il problema immigrazione è complesso e strutturale, nessuno ha la bacchetta magica che nel giro di un mese risolve il problema» commenta più cauta il ministro Luciana Lamorgese da Milano, al termine del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. «Sicuramente questo provvedimento può essere utile, può abbreviare i tempi, inciderà sui tempi dell'esame delle richieste» ma sui mesi che ci vorranno per i rimpatri non si sbilancia: «non do numeri senza avere delle prove». E aggiunge: «Possiamo parlarne tra 6 mesi e vi posso dire quanto ha inciso. Ritengo ci sarà una riduzione dei tempi». E non è detto che coinciderà con quanto promesso da Di Maio. Finora i rimpatri forzati sono stati 6.514 nel 2017, 6.820 nel 2018 e 5.

261 nel 2019.

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