Il ferroviere d'oro da 12mila euro al mese

Una carriera nell'azienda di Stato. E dopo il ritiro anticipato, le consulenze

Il ferroviere d'oro da 12mila euro al mese

Roma - Tra le tante storie raccolte in Vampiri (Mondadori) di Mario Giordano, estrapoliamo qui quella di Franco Marzioli che Giordano definisce il «ferroviere d'oro». Esemplare è la sua vicenda perché smaschera tutti i paradossi e le contraddizioni della previdenza italiana. Marzioli è nato a Roma nel 1950. Ingegnere, è entrato nelle Ferrovie dello Stato nel 1979. E ci è rimasto fino al giorno in cui è andato in pensione, vale a dire nel 2008. Un pensionato giovane dunque (appena 58 anni) che si porta a casa però un assegno mensile lordo di 12.913 euro. Cosa che lo posiziona nell'empireo dei «pensionati d'oro». In questa speciale classifica redatta con scrupolo da Giordano, Marzioli si posiziona subito dietro «fuoriclasse» del calibro di Maurizio Romiti (16.513 euro lordi al mese) e Giovanni Cobolli Gigli (17.871 euro lordi al mese).

Questa cosa, del giovane pensionato con pesante assegno mensile, può essere letta come una delle tante contraddizioni di una previdenza italiana malata. Ma il fatto che Marzioli continui a lavorare come consulente per enti pubblici come la Regione Emilia Romagna ora che è andato in pensione dimostra tutti i paradossi del nostro sistema. Come sottolinea Giordano, lo «Stato manda i Papaveri in pensione anticipata e poi stipula con loro ricchi contratti di collaborazione». Fatto questo che porta a un «doppio risultato perverso: i Papaveri pensionati invadono il mercato del lavoro mentre le casse della previdenza si alleggeriscono». Nel capitolo dedicato ai pensionati delle Ferrovie dello Stato Giordano ricorda un dettaglio tutt'altro che trascurabile. Il Fondo speciale ferrovieri (fondato addirittura nel 1908) è in rosso dal 1973. Tanto che per restare in piedi viene assorbito, nel 2000, dall'Inps. Così è lo Stato a ripianare il buco di bilancio del Fondo. Intanto i 150mila pensionati ferrovieri continuano a incassare assegni che se fossero calcolati col criterio contributivo e con criteri uguali a quelli delle altre categorie, commenta Giordano, sarebbero ridotti. Nel 96% dei casi subirebbero un taglio.

Nel 27% verrebbero tagliati di un terzo. Per la verità il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha provato a suggerire un ricalco di queste pensioni. Ma la sua proposta, è proprio il caso di dirlo, è finita su un binario morto.

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