L'espressione del volto di Pedro Sanchez all'annuncio della bocciatura della legge di bilancio era quella tetra adatta a un funerale. I suoi piccoli ma determinanti alleati catalani avevano appena ripagato in Parlamento con un siluro mortale per il suo governo il rifiuto del premier di sottostare alle loro pretese riguardo al processo agli indipendentisti appena incominciato. E lui, glielo si leggeva in faccia, aveva ben capito che mesi di paziente lavoro politico erano andati in fumo, e che la prospettiva di elezioni anticipate diventava l'unica realistica. Un vero disastro, a cento giorni dalle elezioni europee del prossimo 26 maggio, soprattutto considerando che il suo esecutivo aveva appena incassato per Madrid maggior peso a livello Ue costruendo una sorta di G3 con Parigi e Berlino. Secondo indiscrezioni, Sanchez si giocherà tutto in un turno elettorale nazionale che potrebbe essere fissato tra il 4 e il 18 aprile. Ma le posizioni di partenza per il leader socialista sono scoraggianti, in linea del resto con quelle dei suoi colleghi della sinistra europea. Sánchez era diventato premier appena otto mesi fa in seguito a un ribaltone parlamentare che aveva seppellito il precedente governo guidato dal conservatore Mariano Rajoy: niente mandato popolare, dunque. E adesso, crollata la fragile intesa con i separatisti,
i sondaggi in vista di nuove elezioni politiche (le terze in poco più di tre anni) non promettono nulla di buono.
E non solo per i socialisti, ma per la Spagna in generale. La frammentazione del quadro è drammatica, con ben cinque partiti di media grandezza in lotta per l'egemonia o comunque per un ruolo decisivo: non solo i tradizionali socialisti e popolari (centrodestra conservatore) sono in ribasso, anche i «nuovi movimenti» Podemos e Ciudadanos mostrano affanno, con i primi addirittura a rischio di una scissione interna. La quinta forza, rappresentata dall'emergente destra nazionalista del partito Vox, sembra in grado (un po' come accade in Germania con l'Afd) non di governare, ma solo di sottrarre voti decisivi a chi potrebbe farlo.
Nessun leader sembra in grado di imporsi, e tantomeno di mettersi alla guida di una coalizione credibile: tra due mesi, le elezioni potrebbero certificare l'incapacità della politica spagnola di offrire soluzioni ai problemi del Paese. Quanto a Sanchez, il suo destino richiama per certi versi quello di Emmanuel Macron: come il presidente francese, gioca una partita molto ambiziosa in Europa, ma si appoggia in patria su basi troppo fragili.
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