Foglio di via per 50mila ma i clandestini restano qui

Cara e Cas saranno sostituiti da strutture piccole e controllabili. Ai sindaci la gestione dei porti

Foglio di via per 50mila ma i clandestini restano qui

Conclusa la prima fase sulla nuova gestione delle politiche migratorie targata Matteo Salvini, con tanto di chiusura dei porti d'approdo e rifiuto all'accoglienza di migranti economici traghettati dalle navi delle Ong, e non ultimo le regole sui richiedenti asilo e rifugiati sancite nel decreto Sicurezza, il titolare del Viminale si avvia a concretizzare il passo successivo. Non senza difficoltà. Ossia la chiusura dei grandi centri di accoglienza per i richiedenti asilo, i Cara, e dei centri di accoglienza straordinari, i Cas. Se le prime stime hanno stabilito prossimi a 20mila gli immigrati che vedranno improrogabilmente, nel corso di quest'anno, scadere il proprio lasciapassare temporaneo grazie a un'accelerazione sui controlli degli ospiti, il numero potrebbe arrivare a sfiorare l'anno prossimo addirittura quota 50mila. Tutti nuovi stranieri senza titolo presenti nel Paese e frutto della legge 132. Chissà quanti invece se ne potranno aggiungere dopo la chiusura dei grandi centri di accoglienza. Un mese fa è stata la volta dell'hub di Cona in provincia di Venezia dove i quasi 700 richiedenti asilo sono stati ridistribuiti fuori dal Veneto. Tre giorni fa è stato chiuso definitivamente il centro di Castelnuovo di Porto situato nel quadrante NordEst dell'area metropolitana della Capitale. Questa volta i migranti erano 530. Solo un'ottantina i titolari di protezione internazionale, il resto in attesa di pronuncia da parte delle commissioni territoriali e delle prefetture.

Ma la traversata di Salvini non si arresta: il ministro leghista ha già individuato il cosiddetto centro polifunzionale per immigrati di Borgo Mezzanone a Foggia, la baraccopoli di San Ferdinando a Reggio Calabria e non ultimo il Cara di Mineo a Catania. L'idea è quella di dirottare gli stranieri in centri piccoli, più facilmente gestibili e soprattutto controllabili. Al contempo però, mentre si organizzano i trasbordi e le nuove locazioni il Viminale fa sapere che si accelererà sulla valutazione delle pratiche di identificazione e richiesta di asilo. Un'operazione di scrematura puntuale su tutti i nominativi raccolti. Eppure il risultato prodotto dalla stretta alla protezione internazionale con tanto di abrogazione del titolo umanitario non sarà indolore: l'impatto degli immigrati automaticamente trasformati in clandestini, ai quali verrà recapitato un formale foglio di via, è vero che li vincola a lasciare nei 15 giorni successivi il territorio italiano ma altrettanto non ci sarà modo di valutarne la reale partenza. Stessa sorte per chi perde il diritto allo Sprar perché diniegato. Ossia privo dei requisiti per soggiornare in Italia.

Eccolo là l'esercito dei diniegati provenienti dai Cara, dai Cas e poi ancora dagli Sprar (oggi rinominati Siproimi, acronimo che sta per Sistema di protezione internazionale e minori) che si ritroverà a dover ritornare a casa propria. E mentre si palesano le prime criticità attuative del decreto Sicurezza con la bella stagione potrebbero anche affiorare prove di nuovi approdi umanitari. Già. Il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha siglato un patto con l'Anci, l'Associazione dei comuni, per consentire ai sindaci la gestione dei porti.

E non è lontana l'eco di qualche primo cittadino che invitava le Ong a sbarcare il carico dei disperati nella propria città. In quell'occasione Toninelli redarguì quel sindaco. Oggi ha cambiato idea: un'altra grana per Salvini e un'altra sfilacciatura nell'accordo per il programma del governo gialloverde.

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