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Fondi spariti e mafia dei rom: assalto giudiziario al Carroccio

Inchiesta a Latina: i clan nomadi fanno campagna pro Carroccio. L'Espresso: fondi pubblici a leghisti

Fondi spariti e mafia dei rom: assalto giudiziario al Carroccio

Roma Non c'è pace per Matteo. Salvini e il Carroccio sono sempre sotto i riflettori. Il consenso sale, ma anche le seccature, e mica poco.

Come, per esempio, le attenzioni della magistratura e le continue inchieste giornalistiche che «puntano» alla Lega. L'ultimo caso? Soldi - almeno tre milioni - spariti dalle casse di Lega per Salvini premier e Lega Nord per riapparire sui conti di persone fisiche molto vicine al «capitano» Matteo Salvini, due commercialisti bergamaschi ma anche il tesoriere del Carroccio Giulio Centemero, nella foto qui accanto.

Una rivelazione, l'ultima, apparsa sull'Espresso a cura dei giornalisti Giovanni Tizian e Stefano Vergine, gli autori del libro inchiesta «Il libro nero della Lega». E siccome i guai non vengono mai da soli, ecco che ieri sono finite sui giornali i legami imbarazzanti tra la Lega e il clan rom di Latina dei Di Silvio, emersi proprio dalle rivelazioni di due pentiti che hanno raccontato come il clan avrebbe fatto campagna elettorale proprio per il partito di Salvini, seguendo pure lo spoglio di alcuni candidati e «procacciando» voti contro soldi.

Una vicenda imbarazzante, anche considerando i giudizi non lusinghieri riservati alla questione dei nomadi dal partito di Salvini. E una vicenda sulla quale starebbe indagando la Dda di Roma, e che si baserebbe sulle dichiarazioni dei pentiti Renato Pugliese e Agostino Riccardo. Il primo nell'inchiesta Alba pontina aveva già raccontato della campagna elettorale curata per la Lega nel 2016: «Abbiamo fatto anche la campagna di Noi con Salvini - raccontò Pugliese ai magistrati - che ci pagava perché se avessero vinto le elezioni, l'appalto sui rifiuti sarebbe andato verosimilmente tutto alla sua impresa». «Sua» ossia di Raffaele Del Prete da Sermoneta, imprenditore dei rifiuti poi arrestato che, intercettato, sosteneva di aver appoggiato il Carroccio, spingendo l'elezione di Francesco Zicchieri (che ieri ha annunciato querele) - poi divenuto coordinatore regionale ed eletto l'anno scorso deputato, a Terracina nel 2017. E Riccardo ha rilanciato le accuse nello stesso filone, spiegando che il clan avrebbe seguito lo spoglio di un candidato caro proprio all'imprenditore Del Prete (che avrebbe pagato oltre 100 euro per ogni voto) «nella sede della lista elettorale Noi con Salvini»: il candidato sarebbe, secondo il pentito, Mario Adinolfi, consigliere comunale a Latina.

Sul fronte soldi, invece, la storia dei 3 milioni di euro rischia di aggiornare quella dei 49 milioni di euro della «vecchia» Lega, quella che il Carroccio dovrà restituire in comode rate. Secondo l'Espresso in edicola domani, quei soldi, donati dai militanti leghisti, sarebbero appunto finiti dopo strani giri sotto forma di assegni circolari o bonifici con causale «saldo fatture» su conti riconducibili a Centemero e ai commercialisti Di Rubba e Manzoni, tutti e tre fondatori dell'associazione «Più Voci», una onlus divenuta famosa nel giugno di un anno fa perché il costruttore Luca Parnasi, finito in carcere per la vicenda dello stadio della Roma, l'avrebbe finanziata con 250mila euro. Tre società che fanno capo ai due commercialisti, invece, la Studio Dea, la Cld (due studi contabili) e Non solo auto (società di noleggio vetture), in tre anni, tra 2015 e 2018, avrebbero secondo il settimanale incassato 1,7 milioni di euro proprio dalla Lega.

Il giustificativo per i bonifici era il saldo di fatture non meglio specificate.

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