Viene dalle banche la maggiore minaccia per il governo e per il Paese. E l'impressione è che questo concetto non sia ancora abbastanza chiaro dalle parti di Palazzo Chigi.
Ieri i titoli bancari sono tornati a precipitare in Borsa. Piazza Affari ha ceduto il 2,5% e dentro al suo listino il bollettino bancario ha segnato andamenti tipo Carige -8%, Mps -7,5%, Banco -7%, Ubi -5%, Unicredit - 4,7% e così via. Dopo il ko di ieri, che porta a -10% il bilancio delle ultime tre sedute, l'indice Ftse Italia banche è tornato ai livelli dell'11 aprile, giorno in cui fu annunciata la nascita del fondo per le ricapitalizzazioni e l'acquisto dei crediti in sofferenza.
Il punto è semplice: la mancata quotazione in Borsa della Popolare di Vicenza, con il conseguente accollo del 99% del capitale al neonato fondo Atlante, ha svelato al mercato tutte le fragilità possibili. Il fondo è stato varato in tutta fretta per evitare che Unicredit si accollasse la ricapitalizzazione da 1,5 miliardi - andata pressoché deserta - della Vicenza. Ma così facendo il fondo ha subito ridotto il suo capitale da 4,2 a 2,7 miliardi.
Ora in vista c'è una nuova ricapitalizzazione, quella di Veneto Banca, da un miliardo. Se anche questa operazione dovesse richiedere un importante intervento di Atlante, le cose si complicherebbero, perché avrebbero ragione tutti quelli che, come ha detto ieri Ignazio Angeloni, membro del consiglio di vigilanza della Bce, pensano che Atlante non sia un'iniziativa in grado «da sola di condurre a una svolta» perché «con la ridotta entità attuale il fondo Atlante sarà in grado di investire su un numero limitato di banche medio piccole».
Ecco il punto: o il caso Pop Vicenza si rivelerà isolato e sarà il mercato a iniziare a investire nelle banche italiane, con Atlante a svolgere un mero ruolo di garanzia emergenziale, ovvero nel giro di poco, dopo le venete, si arriverà ad altri gruppi più grandi, fino a raggiungere il cuore malato del sistema. Quel Monte dei Paschi di Siena che, da solo, ha in pancia circa 25 miliardi di sofferenze nette e che è potenzialmente in grado di minacciare non solo il sistema italiano, ma anche il resto d'Europa.
D'altra parte il conto è presto fatto. Le sofferenze nette del sistema ammontano a 80 miliardi. La valutazione di mercato degli «npl» (non performing loans) è nell'ordine del 20-25%. Quindi servono circa 60 miliardi di capitale: o ce li mette il mercato, o non c'è fondo Atlante che tenga.
Per il governo quella delle banche è una mina innescata che la normativa sul bail in ha reso particolarmente insidiosa. Perché se la situazione di una banca dovesse precipitare, a pagare sarebbero tutti: azionisti, obbligazionisti e perfino i correntisti oltre i 100mila euro, almeno fino alla concorrenza dell'8% delle attività della banca in questione.
In altri termini, la questione può diventare politica da un momento all'altro, come mai è accaduto in passato, perché l'esecutivo Renzi è il primo della storia repubblicana a doversi confrontare con una normativa così «minacciosa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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