Cronache

Foto in armi e documenti falsi: "A Orio fermato uno dell'Isis"

Il siriano voleva imbarcarsi per Malta con un connazionale. Trovata un'immagine in cui vestiva la divisa del Califfato

Foto in armi e documenti falsi: "A Orio fermato uno dell'Isis"

Li avevano fermati 4 giorni fa mentre tentavano di partire in aereo da Bergamo direzione Malta. Il sospetto, che ha il sapore dell'incubo, è che si tratti di due jihadisti. Uno, effettivo dell'Isis. L'Italia, finora immune da attentati, forse lo è stata solo perché terra di passaggio, al massimo luogo di «attesa» e di «sonnolenza» per kamikaze e aspiranti tali. Ma il nemico, nonostante troppe volte lo si voglia negare, si nasconde anche qui.Alali Faowaz, 30 anni, siriano, con documenti norvegesi, si trova ora nel carcere di Gleno con l'accusa di associazione e arruolamento con finalità di terrorismo internazionale. Con lui era finito in cella il compagno più giovane, Alari Azma, diciannovenne che si spacciava per austriaco.La sua posizione, però, adesso è più lieve: lui giura di odiare il Califfato, di aver perso un fratello soldato ucciso dai miliziani neri. E quando ieri nel processo per direttissima il traduttore gli ha detto che l'udienza sarebbe stata rinviata al 17 dicembre è scoppiato in lacrime: «Non so se resisto un altro mese in prigione, io non ho fatto del male a nessuno». Nel suo telefonino oltre a uno foto in cui lo si vede con un mitra in mano (ma potrebbe trattarsi del fratello), in effetti è stato trovato un video satirico che fa il verso ai guerriglieri dell'Isis e nel quale i kalashnikov emettono pernacchie.Alali Faowaz, al contrario, in un'istantanea registrata nel cellulare, indossa una divisa dell'Isis. In più ci sono immagini di guerra e bombardamenti. Lui ha provato a discolparsi con una versione contorta. «Ero un poliziotto che doveva presidiare un incrocio - ha raccontato agli inquirenti -. Quando l'Isis è arrivato a Raqqa o si lavorava per loro o non si lavorava». Lì il siriano sostiene di aver lasciato moglie e figli e di essere incappato, da poliziotto, in un episodio di corruzione e, per questo, di essere stato arrestato, condannato a 100 frustate e fuggito per il timore di essere ucciso dal regime islamista». Oggi dovrebbe venire interrogato per la convalida del fermo. Ma gli allarmi, dopo questo tragico 13 novembre parigino, rimbalzano, da un confine all'altro. A Bardonecchia, al confine con la Francia, domenica scorsa - la notizia si è saputa soltanto ora- è stato fermato, a bordo di un Tgv, un afghano di 22 anni. Aveva nello zaino sei telefonini e un satellitare oltre a una ventina di schede sim. Sulle memorie dei telefonini gli inquirenti hanno trovato scene di guerra, si pensa in Siria e Iraq, tra cui una che ritrae dei miliziani armati con accanto delle teste mozzate. Anche lui ha fornito una spiegazione. Sostiene di essere fuggito dal suo Paese e aver vissuto per una decina di anni a Londra e di aver poi deciso di raggiungere Roma per chiedere asilo politico. Fermato per ricettazione, è stato scarcerato dal gip per mancanza di elementi. Ora si trova nel Cie di Torino.

Un modo per bloccarlo in attesa di accertamenti.

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