La Francia chiude le porte Ventimiglia sotto assedio

Centinaia di africani respinti invadono la città ligure C'è chi fa lo sciopero della fame e chi fugge sugli scogli E il governatore Toti vuol chiedere i danni al governo

La loro ultima «traversata» è a piedi, su quella striscia di terra di un confine affacciato su un mare gonfio di schiuma e colorato dal peltro delle nuvole. Un pezzettino di strada che li separa dalla Francia: Ventimiglia-Mentone. Il resto del Mediterraneo, sfidando il deserto, lo avevano già «guadato» con barconi fatiscenti o logori gommoni.

Il sogno, forse meglio definirlo il miraggio di una vita degna di tal nome, da ormai tre giorni, si è fermato qui. Davanti alle braccia nerborute di flic dagli occhi minacciosi, una mano sulla fondina della pistola, l'altra sul manganello. Ci si guarda negli occhi, ci si può parlare, poche decine di metri separano l'illusione dall'approdo, qui c'è l'Italia che li ha salvati senza essere meta; dall'altra parte un Paese che alza un muro per respingerli. Schengen carta straccia, la ripartizione dei migranti per quote una favola rassicurante di quest'Europa che mente al nostro Belpaese di sognanti, ipocriti poeti di cui si fanno beffe specialisti del malaffare.

Ventimiglia come Lampedusa. Avamposti di frontiera. Da una parte l'«atollo» che accoglie l'Africa che scappa, dall'altra il nord Italia che si blocca a Sud del Continente. Un'unione a perdere. Il confine italo-francese di Ponte San Ludovico appare oggi un campo profughi. Con almeno un centinaio di eritrei e somali, uomini e donne accampati lungo una linea di demarcazione che mai come adesso divide non solo i territori ma le coscienze. Camionette della polizia nazionale francese sbarrano il passo, immagini che riportano al 2011 con centinaia di extracomunitari fermi in città in attesa di espatriare. Renzi, magico affabulatore dalle promesse impossibili, in questi giorni tace. Evento raro, ma stavolta sintomatico. Cosa dire di fronte all'indicibile? Mercoledì dovrebbe incontrare a Milano David Cameron, domenica 21 giugno François Hollande. Poi i presidenti dell Regioni. Scorre una guerra sotterranea, il fronte è quello dei migranti, ma il nostro premier e il suo fido ministro degli Interni Alfano sembrano aver alzato bandiera bianca. Davanti al secco no dei transalpini a lasciare entrare nel loro Paese una piccolissima fetta di quelle migliaia di immigrati piombati nello Stivale, il nostro governo, ieri, non ha trovato altra soluzione che far intervenire le forze dell'ordine per sgomberare il misero plotone di errabondi che stazionavano tra le aiuole nei pressi della frontiera. Momenti di tensione. Molti si sono rifiutati di andarsene, le forze di polizia in assetto antisommossa hanno effettuato una carica di alleggerimento. In tanti hanno rifiutato il cibo, improvvisando uno sciopero della fame. Alla fine erano decine coloro che girovagavano tra la stazione e le fermate dei bus. Altri si erano nascosti tra gli scogli.

Il sindaco di Ventimiglia, Enrico Ioculano, osserva impotente: «La situazione è preoccupante. Ci sono molte famiglie con bambini piccoli che non hanno niente». Intanto sono stati installati dei bagni chimici, mentre Croce Rossa e Caritas hanno continuato a portare razioni di acqua e cibo. Nel pomeriggio poi, sono stati installati alcuni moduli per fornire un rifugio per la notte. A Giovanni Toti, neo governatore della Liguria, tocca ripetersi. Su Facebook scrive: «La drammatica giornata di Ventimiglia è la dimostrazione che tutti i pericoli che abbiamo sottolineato al governo circa l'accoglienza di clandestini nella nostra regione si stanno purtroppo verificando». E poi in serata minaccia: «Resterebbe da fare una cosa, se dovessimo applicare il diritto penale: chiedere i danni al governo per la pessima immagine della Liguria resa ai media italiani e stranieri proprio alla vigilia delle vacanze, grazie a come è stata gestita l'emergenza emigrazione da parte di Palazzo Chigi, un danno gravissimo, ancora da quantificare». Daniela Santanché è tranchant .

«Dalla Francia ci arriva una lezione di coraggio e di coerenza: la chiusura delle frontiere è un atto dovuto visto che l'Europa non è in grado di assicurare protezione agli Stati membri. Giustamente i cugini francesi se la sbrigano da soli mentre noi abbiamo trasformato le stazioni delle nostre città in campi profughi con condizioni igienico-sanitarie da Terzo mondo».

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