
"È la fine di un mondo non la fine del mondo" dicono gli stranieri appena arrivati a Milano per le sfilate della Primavera/estate 2026 cominciate ieri con la pena nel cuore per la recente scomparsa di Giorgio Armani, ma anche con il "botto" della prima collezione Gucci disegnata da Demna e presentata con un film interpretato da Demi Moore ed Ed Harris, due giganti di Hollywood. In realtà c'è davvero di che preoccuparsi davanti ai negozi vuoti parenti stretti del vuoto pneumatico di certe collezioni che sfilano pur essendo senza capo né coda. Non è certo questo il caso di marchi come Peserico che anche in questo annus horribilis del lusso globale conferma gli ottimi numeri del 2024 con un fatturato di circa 130 milioni di euro.
Molto del merito va alla collezione Aurea progettata da Paola Gonella, direttrice creativa del brand nonché moglie e braccio destro del ceo Riccardo Peruffo. La sua visione romantica e al tempo stesso pragmatica della moda stavolta prevede una specie di sogno a occhi aperti dentro un giardino nel magic moment che segna la fine dell'inverno e l'inizio della bella stagione. Diventando a sua volta natura, la donna di Peserico si veste quindi con una gonna fatta da innumerevoli petali in tulle che alla fine sembrano un tappeto di rose appena colte. Poi ci sono le reti immancabili nei giardini e qui riprodotte magistralmente con una fettuccia di cotone ricamato in lurex con la tecnica cornelly. Le frange di crepe candido sul completo pantaloni e tunica al ginocchio evocano i minuscoli petali dei primi fiorellini primaverili e tutto questo va splendidamente a braccetto con i jeans in denim giapponese (il più pregiato che ci sia) scoloriti e "maltrattati" ad arte fino a diventare un oggetto contemporaneo con una lunga storia da raccontare. Davvero bella e soprattutto equilibrata la prima collezione Collini disegnata da Gianluca Capannolo, un serissimo professionista che non usa a vanvera il termine "sartoriale". Per questo suo debutto nello storico marchio fondato a Milano nel 1937 e oggi di proprietà del business man Carmine Rotondaro, Capannolo parte da Sette volte donna, un film diretto da Vittorio De Sica, interpretato da una vulcanica Shirley McLaine e soprattutto "vestito" da Edith Head, una delle più grandi costumiste di Hollywood. Il risultato? Una moda che non esclude rutilanti abiti da sera, piume e trasparenze assassine, ma che alla fine raggiunge l'indiscreto fascino di una donna squisitamente borghese. Molto diversa la collezione di Diesel presentata dentro 55 (una per ogni look) gigantesche uova di plexiglass trasparente disseminate in giro per la città: Renzo Rosso definisce la cosiddetta Diesel Egg Hunt come "Il più grande atto democratico del brand fino a oggi".
A noi sembra più che altro un'ottima idea di comunicazione sostenuta da un buon lavoro su quello stile detto contemporary che è nato nel denim e sta crescendo nella pelle e nella voglia di modernità. Da Alberta Ferretti Lorenzo Serafini esplora un personaggio sui generis: la padrona di casa che ama ricevere ma è gelosissima della sua privacy. In questa anima divisa in due ci sono gli abiti drappeggiati blu e neri che richiamano le sculture greche, le giacche aperte sui gilet, la forza tranquilla del tailoring e un tocco voluto di eccentricità.
Da Borbonese torna in scena Dorian Tarantini, un bravissimo designer che riesce a rirar fuori l'anima dalle borse. Lo storico marchio torinese aveva un gran bisogno di ritrovare in chiave moderna lo stile narrato da Fruttero e Lucentini ne La donna della domenica.