La frase choc di zio Ron: "Un sostegno segreto dietro la fuga con Eitan"

Post pubblicato dal cognato di nonno Peleg ma subito cancellato su consiglio dei legali

La frase choc di zio Ron: "Un sostegno segreto dietro la fuga con Eitan"

Troppo «suggestiva» per essere abbandonata. È la pista dei «servizi segreti israeliani» che - un giorno sì e l'altro pure - torna in campo nella partita, sicuramente truccata, del sequestro di Eitan. Lui, 6 anni, l'«orfano del Mottarone» (nella strage del 23 maggio scorso ha perso genitori, fratellino e bisnonni) rimane al centro di una faida familiare che finora non gli ha risparmiato nulla: compreso il trauma (non bastasse lo choc patito su quella maledetta funivia) di un rapimento dai contorni di una spy story alla Tom Clacy.

Protagonista Shmuel Peleg, 58 anni, il nonno materno ex - presunto - «collaboratore del Mossad» che, con un blitz «dalla tecnica militare» tanto perfetto da non escludere «aiuti e supporti esterni», in una manciata di ore è riuscito sabato 11 settembre a trasferire in Israele il nipotino, portandolo via dall'Italia dove viveva con la zia paterna sua tutrice legale. Un raid che è costato a Peleg (e anche alla sua ex moglie) l'imputazione di «sequestro di persona aggravato» da parte della Procura di Pavia che, proprio ieri, ha iscritto nell'elenco degli indagati anche l'autista dell'auto su cui «nonno Shmuel» ha trasportato Eitan dalla frazione Rotta di Travacò (Pavia) all'aeroporto di Lugano dove ad attenderli c'era il jet privato con destinazione Tel Aviv.

Ora si scopre che anche questo autista misterioso autista israeliano, proprio come il Shmuel Peleg, sarebbe «vicino ai servizi segreti». Se entrambe queste «vicinanze» in odore di 007 con la Stella di David fossero vere, si rafforzerebbe l'ipotesi delle possibili «complicità» in «alto loco» su cui i Peleg avrebbero contato per realizzare il loro piano di kidnapping of child. Uno scenario, al momento più cinematografico che reale, rilanciato però da uno strano post (subito cancellato) pubblicato l'altro giorno da zio Ron Gali appartenente al ramo materno di Eitan (contrapposto a quello paterno) in risposta a una donna che sui social criticava aspramente l'operano dei Peleg. Ecco il messaggio firmato Ron Gali: «Aspetta di sapere chi ha dato un sostegno e un aiuto al sequestro di Eitan. E poi vedrai che starai zitta». Parole criptiche che possono significare tutto e nulla. Resta la domanda chiave: chi, come, dove e quando ha garantito a nonno Shmuel «supporto» e «aiuto»?

Da oggi a Tel Aviv è arrivata dall'Italia zia Aya Biran (la sorella del papà defunto di Eitan) cui i Peleg hanno «scippato», con l'inganno, il nipotino che era stato affidato in custodia alla donna dopo la sciagura del Mottarone.

Aya Biran è decisa a riprendersi il bambino per riportarlo a casa nel Pavese dove da mesi viveva serenamente con i suoi due cuginetti; lì, se non fosse stato rapito, avrebbe dovuto iniziare anche a frequentare la scuola cattolica dove era stato iscritto: circostanza motivo di dissidio con l'altra componente ebraica della famiglia, intenzionata invece a far studiare e crescere il nipote in una scuola ebraica di Tel Aviv secondo i dettami più tradizionali della propria dottrina religiosa e culturale.

Poi c'è lo spinoso tema del ricco patrimonio di Eitan, al quale tutti dicono di non essere interessati. Ma sarà vero?

Intanto le accuse reciproche continuano. I Biran vanno giù duro: «I Peleg gli stanno facendo il lavaggio del cervello. Eitan va salvato al più presto». I Peleg rispondono a tono: «Noi Eitan lo abbiamo salvato.

Con i Biran le sue condizioni di salute fisica e mentale erano pessime».

L'udienza al tribunale di Tel Aviv per l'affido del piccolo è fissata per il 29 settembre. Fino ad allora, i colpi bassi saranno tutt'altro che proibiti.

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