La fronda repubblicana tra paura e tentazione del colpo al presidente

Fra le diverse anime tanti pronti alla vendetta sul tycoon considerato come «corpo estraneo»

La fronda repubblicana tra paura e tentazione del colpo al presidente

Da che parte staranno i deputati e senatori repubblicani nel momento della conta, di fronte alla prospettiva di un impeachment che potrebbe concludersi con la cacciata del presidente? Fra le divisioni si è insinuata anche la paura fisica: se un fanatico può prenderli a fucilate durante un allenamento ai campi sportivi, che cosa può succedere durante le loro vacanze? In barca o in montagna? Nervi tesissimi. Poi c'è la tentazione perenne della fronda: liberarsi del tycoon che ha rovinato carriere e umiliato intere dinastie in grisaglia, polsini coi diamanti e cappelli di panama. I repubblicani si dividono in due gruppi: quelli che hanno subito come un'offesa la presidenza Trump e quelli che l'hanno accompagnata senza perdonargli la cristalleria in frantumi. I tradizionalisti appartengono al genere compassionate conservative, di destra ma benevolenti dal punto di vista sociale. Di quest'ultimo gruppo fa parte lo stesso Trump che ama le grandi operazioni caritatevoli e che ha aperto un coraggioso dialogo con i neri americani: «Non faccio finta di amarvi come Obama, ma non posso tollerare le vostre sofferenze nei ghetti metropolitani per mancanza di protezione e di scuole».

Il presidente ha reagito alla crisi incrementato la sua complicata agenda fiscale per assicurarsi l'appoggio di quell'osso duro e ideologico del suo partito che è il bruno e allampanato Paul Ryan, ma i repubblicani di estrema destra come il texano Ted Cruz o Marco Rubio della Florida sarebbero pronti a tutto pur di vedere rotolare la testa di Trump in un cesto. Affiorano in tutti i network televisivi i repubblicani pronti a dare a Trump la colpa di quel che è successo ad Alexandria, come Mark Sanford Jr., governatore della Carolina del Sud, il quale dichiara che il clima di odio è stato alimentato dall'atteggiamento di Trump.

Il Grand Old Party non è mai stato un vero partito, ma una galassia di fondazioni. I repubblicani sono tradizionalisti e a loro modo di rivoluzionari (quelli del tea party che riecheggiano i ribelli contro la corona inglese) non soltanto «di destra» ma anche i campioni della lotta allo schiavismo. Questo è il motivo per cui ancora oggi i democratici del Sud sono più razzisti e reazionari dei repubblicani. Donald Trump non nasce repubblicano, ma ha avuto sempre contatti amicali e d'affari con i democratici: per anni è stato uno dei finanziatori di quella che poi sarebbe diventata la sua prima nemica e avversaria, Hillary Rodham Clinton. Trump è stato sempre un imprenditore di manica larga e introiti voluminosi che adesso gli procurano guai per presunti affari con la Cina varati durante le conversazioni di Palm Beach col presidente cinese. La old school gli è nemica perché costituisce in blocco il partito anti russo trasversale, di repubblicani e democratici, quale che sia il regime di Mosca. I democratici sono più old school dei repubblicani e per loro l'antagonismo anti russo fa parte del Dna politico, ma questa caratteristica appartiene anche a molti repubblicani.

I democratici contro Trump sono 196 e si dicono estranei al clima che ha portato alle fucilate di Alexandria. Oggi tutti prendono le distanze dalla sparatoria scatenata dall'odio politico, ma è sulla scia di quell'odio che si gioca il primo round della partita pro o contro Trump.

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