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Fuga da Johnson, via anche i suoi strateghi. Caos in Irlanda del Nord: il premier si dimette

Altri quattro lasciano Downing Street. Brexit, l'annuncio di Paul Givan

Fuga da Johnson, via anche i suoi strateghi. Caos in Irlanda del Nord: il premier si dimette

Boris Johnson perde pezzi e rischia di cadere a pezzi. Il capo del governo inglese ha assistito ieri all'addio di quattro cruciali collaboratori in una sola giornata: il capo dello staff Dan Rosenfield, il segretario privato Martin Reynolds ma soprattutto il capo delle Comunicazioni di Downing Street, Jack Doyle, e nel giro di qualche ora anche la stratega Munira Mirza, una delle sue responsabili politiche, tra l'altro vicina al ministro delle Finanze Rishi Sunak, il più pericoloso sfidante alla leadership di Johnson. Tutto accade per colpa di una battuta del premier considerata triviale, definita «inappropriata e partigiana», e diretta al leader dell'opposizione laburista, Keir Starmer. Boris l'ha pronunciata lunedì, quando è finito sotto pressione dopo aver ricevuto il report di Sue Gray, la funzionaria indipendente che indaga sulle feste del governo in lockdown e ha riscontrato «comportamenti non giustificabili» e fallimenti di leadership e di giudizio «da parte del n. 10 di Downing Street e del Cabinet Office». Così quando Starmer, che sta galoppando nei sondaggi, ha esortato i deputati Tory a «chiudere questa farsa» e a cacciare Boris, BoJo ha replicato seccato con un colpo basso: Starmer - ha detto il premier - «ha trascorso la maggior parte del suo tempo a perseguire i giornalisti e a non perseguire Jimmy Savile», il dj della Bbc, conduttore radiofonico e televisivo, che in 50 anni di attività ha violentato indisturbato oltre 200 vittime, il 70% delle quali minori di 18 anni. Peccato che il leader laburista Starmer, avvocato, quando era capo della pubblica accusa, in realtà, non abbia avuto alcun ruolo personale nelle decisioni relative al caso di Savile. Johnson non si è scusato, ha precisato che l'attacco «riguardava le responsabilità» di Starmer per l'intera organizzazione» ma la sua stratega Mirza, al fianco del premier da 14 anni, da quando Boris era sindaco di Londra, ha deciso che la misura era colma.

La sensazione è che si tratti delle avvisaglie del golpe che potrebbe consumarsi entro qualche settimana ai danni di BoJo. Il rischio è che le dimissioni accelerino la resa dei conti tra il capo di governo e il Partito conservatore, sempre più preoccupato che Boris abbia perso il tocco magico e che la sua posizione sia sempre più compromessa con il partygate. Ecco perché una frase degenerata in un attacco personale, ma improprio, al leader del principale partito di opposizione, ingigantisce il rischio di una sfiducia al primo ministro già ferito dal partygate, dopo che altri 5 deputati Tory hanno deciso di inviare lettere al Comitato 1922 per arrivare a un voto che stronchi la carriera del premier. In tutto ne servono 54 ma il numero sale di giorno in giorno. E ieri a guastare la giornata del premier sono arrivate altre conseguenze della Brexit.

Il First Minister unionista dell'Irlanda del Nord, Paul Givan, ha annunciato le dimissioni a causa del controverso protocollo allegato agli accordi tra il Regno Unito e la Ue.

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