Dopo Algeria, Egitto e Angola è la volta del Congo. Un'altra tappa di quella che sta diventando una vera e propria «campagna del gas», un'operazione politico-commerciale che ha l'obiettivo di liberarci dalla dipendenza energetica dalla Russia. Una sfida lunga e complicata, con buona pace dell'ottimismo del ministro della Transizione ecologica Cingolani, che stima in soli «diciotto mesi» la tempistica necessaria affinché l'Italia raggiunga l'autonomia energetica da Mosca. Una prospettiva che perfino a Palazzo Chigi trovano piuttosto ottimistica e sulla quale in molti hanno manifestano perplessità. Non solo perché tutti gli accordi siglati - compreso quello sottoscritto ieri a Brazzaville - entrano in vigore dal 2023, ma anche perché è difficile trovare fonti alternative alla Russia che possano fornire le stesse quantità di gas che attualmente importiamo da Mosca. Tanto che ieri, intervistato da Huffington Post, anche il presidente di Nomisma Energia, Tabarelli, non esitava a manifestare forti dubbi in proposito.
Insomma, l'intesa sottoscritta ieri in Congo dai ministri Di Maio e Cingolani - accompagnati dall'ad di Eni, Descalzi - è certamente un altro buon passo in avanti, visto che prevede lo sviluppo di un progetto di gas naturale liquefatto che a regime porterà un import di oltre 4,5 miliardi di metri cubi all'anno. Ma, appunto, è chiaro che la campagna d'Africa non basterà. Anche perché ci stiamo rivolgendo a Paesi che oggi sono sì più stabili e affidabili della Russia, ma non necessariamente lo saranno domani. Basti pensare all'Algeria, che ha deciso di guardare all'Italia anche per colpire la Spagna, rea di non aver sostenuto il regime di Algeri nel braccio di ferro con il Marocco sul Sahara Occidentale. Si tratta, insomma, di partnership commerciali piuttosto volatili.
Ed è per questo che il governo ragiona anche in chiave interna. Guarda alla produzione di energia elettrica da carbone, ma senza farne tema di dibattito visto che la questione resta divisiva. E studia l'acquisto di almeno altri due rigassificatori galleggianti da circa 5 miliardi di metri cubi ciascuno. Con le consuete difficoltà del caso, perché in Italia siamo tutti d'accordo sull'ovvio finché non ci riguarda in prima persona. Scontato, dunque, che a Piombino (Livorno) sia già iniziata la crociata contro l'ipotesi di un rigassificatore in mare.
Rientra in questo approccio anche l'intenzione di Palazzo Chigi di rafforzare la golden power sull'energia. Si andrà avanti, quindi, sul ddl Concorrenza, sul quale - su proposta del ministro D'Incà - il governo ha deciso lo spacchettamento. Nelle riunioni degli ultimi giorni, infatti, prima il M5s e poi il Pd hanno posto la questione dei bandi delle concessioni idroelettriche, una risorsa energetica sempre più strategica e che non andrebbe quindi esposta agli appetiti stranieri. Draghi, però, non ha intenzione di frenare su un ddl che è centrale per il Pnrr. Si andrà quindi avanti, suddividendo i temi chiave tra Camera e Senato e arrivando alla terza lettura del ddl Concorrenza a Palazzo Madama entro metà luglio. E su qualunque questione che abbia a che fare con l'energia - a partire dai bandi per gli impianti idroelettrici - il governo è pronto ad estendere la golden power.
Sono queste, d'altra parte, le
conseguenze di un'economia di guerra. Con l'Ue che ribadisce il sostegno all'Ucraina. E con Draghi che non esclude - dopo il premier britannico Johnson e il presidente della Commissione Ue Michel - di fare anche lui visita a Kiev.
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