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Il gelo del Quirinale: necessario fare presto

​Ma poi, stringi stringi, è sempre una questione di numeri. Giuseppe Conte non ce l'ha, neppure ci si avvicina, però se ne accorge soltanto il giorno dopo

Il gelo del Quirinale: necessario fare presto

Ma poi, stringi stringi, è sempre una questione di numeri. Giuseppe Conte non ce l'ha, neppure ci si avvicina, però se ne accorge soltanto il giorno dopo, quando ci va a sbattere durante il vertice di maggioranza. La campagna acquisti è fallita, con 155 senatori non si governa. «Così i voti non bastano», dice agli alleati, «devo salire al Quirinale», dove lo aspettano da martedì sera. Per dimettersi? Neanche per sogno. Per organizzare una crisi pilotata e riottenere l'incarico? Non se parla nemmeno, non si fida: «Se esco da Palazzo Chigi, non ci torno più». E con questi pensieri in testa, arriva al Colle alle 18,30 e ci resta un'ora per un incontro che qualcuno definisce «ruvido» e le fonti ufficiali derubricano in «interlocutorio».

Il premier cerca una sponda, un consiglio, una qualche forma di copertura. Trova solo una «neutralità istituzionale» accompagnata da una forte preoccupazione. Bisogna sbrigarsi, spiega Sergio Mattarella, perché i problemi dell'Italia non aspettano. «La situazione del Paese è molto delicata», il disagio economico e sociale può esplodere. Serve una maggioranza, autonoma, che non dipenda dagli umori di Renzi e dalla benevolenza del Cav, come infatti accadrà in serata per lo scostamento di bilancio, un adempimento fondamentale per garantire ristori e casse integrazioni. E serve in fretta, subito, ora, per i tanti provvedimenti in agenda: il presidente del Consiglio è in grado di trovarla?

Ecco, il tempo, l'altro grande problema. A Conte occorrono come il pane almeno dieci giorni per provare a «rafforzare la squadra», cioè per proseguire lo scouting al Senato e costituire il gruppo parlamentare del Centro democratico, la quarta gamba liberal-cattolico-responsabile che, nelle intenzioni, dovrebbe sostituire Italia viva. Per l'autosufficienza e superare la linea di galleggiamento a 161 ne bastano una decina, ma non sarà facile né rapido. Solo che il tempo non c'è. Il capo dello Stato ascolta le mosse che vuole fare il presidente del Consiglio, senza particolari commenti, ben conscio però della difficoltà che ha di fronte il «Conte dimezzato», come lo ha ribattezzato il perfido Matteo Renzi. Il governo infatti non è caduto ma è comunque uscito indebolito dalla prova di forza cercata con ostinazione, in barba ai suggerimenti alla prudenza. In minoranza a Palazzo Madama, senza controllo sulle commissioni parlamentari, appeso alla benevola astensione di Iv. Quanto potrà durare così? E il 27 Iv lo attende al varco sulla relazione Bonafede sulla giustizia.

Il Pd gli ha dato due settimane al massimo per organizzarsi, dopo di che si passa al piano B, ossia dimissioni, consultazioni, nuova maggioranza, Conte ter. L'avvocato pugliese però è terrorizzato, fiuta una trappola, un cambio di cavallo in corsa. Così ripete a Mattarella di volerci provare. È disposto pure a un mini rimpasto, abbastanza contenuto da non provocare l'apertura formale di una crisi: se toccherà offrire dei ministeri ai responsabili, bene, sono pronti i due lasciati dai renziani. Altra idea bizzarra: nel caso, non si possono saltare le consultazioni? Non basta un accordo tra i partiti?

Mattarella ascolta quasi senza muovere un muscolo: in questa fase il ruolo del Quirinale «non è attivo». Però i fatti parlano da soli. Il presidente del Consiglio è assai lontano da raggiungere l'autosufficienza e in pochi giorni difficilmente riuscirà a soddisfare le condizioni che già da diversi giorni il capo dello Stato gli ha posto. Innanzitutto, no a coalizioni che si reggono su voti sparsi e precari, occorre stabilizzarli con veri gruppi parlamentari. Secondo punto, i programmi. La crisi, mai dichiarata ufficialmente, si è sviluppata sugli argomenti che da settimane dividevano la coalizione e sui quali Conte ha fatto marcia indietro. La cabina di regia, la riscrittura del piano per il Recovery, i servizi segreti, il coinvolgimento di tutti delle decisioni, eccetera eccetera. L'unica cosa sulla quale è riuscito a tenere è la rinuncia al Mes per la sanità: i grillini sarebbero deflagrati.

Però, visto dal Colle, a questo cambio di linea e al cambio Iv-responsabili deve corrispondere un nuovo patto di governo, i cui punti cardine devono essere contrasto alla pandemia, piano vaccini, Recovery plan. E se poi a tutto ciò vogliamo aggiungere un bel rimpasto, questa la domanda, come si può pensare di far finta che non sia successo niente?

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