Il rischio è reale, e non da oggi. Dalla Siria e dall'Iraq, dove il sedicente Stato islamico controlla già porzioni di territorio importanti, le mire dei jihadisti si sono spostate alla Libia in preda al caos. "Dobbiamo prendere questo rischio in considerazione", dice il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in un'intervista al Messaggero.
"Non abbiamo nessuna fretta interventista - chiarisce -, né noi né la comunità internazionale", ricordando tuttavia la necessità di arrivare a un governo unitario che abbia anche il sostegno del parlamento, che fino a oggi è mancato, il "possibile calcio d'inizio della stabilizzazione".
Oggi alla Farnesina la riunione che verterà proprio sull'Isis, aperta dagli interventi pubblici di Gentiloni e di John Kerry, suo omologo negli Stati Uniti. Poi una sessione a porte chiuse per parlare dell'andamento della lotta al jihadismo. "Ci sono stati alti e bassi, ma più alti che bassi - sostiene Gentiloni -: Daesh ha perso il 40% del suo territorio in Iraq". Ma bisogna fare di più.
Non è solo Gentiloni a
lanciare l'allarme. Sulle pagine del quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung il timore che la già complessa situazione libica possa tramutarsi in una "Somalia sul Mediterraneo", un pasticcio impossibile da risolvere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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