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Gentiloni stoppa De Luca e ridimensiona la Boschi Primi strappi con Renzi

Il governatore non potrà gestire l'emergenza. All'ex ministro solo la delega Pari opportunità

Gentiloni stoppa De Luca e ridimensiona la Boschi Primi strappi con Renzi

Tra Vincenzo De Luca e i milioni della Sanità in Campania c'è di mezzo Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio congela la nomina a commissario per la Sanità del governatore. A Palazzo Chigi non c'è più Matteo Renzi che aveva benedetto l'emendamento «pro De Luca», inserito nella legge di Stabilità, nonostante il parere negativo del ministro della Salute Beatrice Lorenzin: un norma che introduceva la possibilità da parte del governo di affidare il controllo della Sanità ai presidenti delle Regioni sottoposte a piano di rientro. Un'ipotesi che l'esecutivo targato Gentiloni pare abbia scartato per due ragioni: il no, netto, del ministro Lorenzin, intenzionata a confermare i commissari Joseph Polimeni e Claudio D'Amario e l'immagine di De Luca, messa in discussione da un'inchiesta della Procura di Napoli per istigazione al voto di scambio in relazione alla campagna elettorale per il Si al referendum. De Luca che già si vedeva con i panni del commissario alla Sanità dovrà rinunciare alla gestione dei milioni di euro destinati al comparto sanitario. La norma non è sufficiente: serve il via libera del Consiglio dei ministri.

Lo stop a De Luca segna un altro passo di rottura per Gentiloni rispetto al vecchio corso renziano. Il governo, dopo una fase iniziale di incertezza, sta imboccando una direzione diversa, un percorso autonomo rispetto alla linea di Renzi. Il caso De Luca ne rappresenta la conferma. L'ex premier, dal Trentino Alto Adige dove è in vacanza con la famiglia, percepisce il pericolo. Non è un caso che Renzi abbia provato a scardinare il fronte del no al voto anticipato mandando in avanscoperta Matteo Orfini e Luigi Zanda: il presidente Pd e il capogruppo in Senato in due interviste a Stampa e Repubblica hanno lanciato un avvertimento al capo dell'esecutivo chiarendo che si tratta di «un governo a termine che dovrà esaurire il mandato entro giugno». Un doppio intervento a gamba testa sul premier, ancora impegnato a completare la squadra di governo con la nomina dei sottosegretari e la definizione delle deleghe. Orfini e Zanda hanno recapitato il messaggio di Renzi: «La legge elettorale non sarà un alibi per tenere in vita il governo Gentiloni». Agli ultimatum di Zanda e Orfini ha risposto ieri Francesco Boccia, deputato del Pd (non di fede renziana) e presidente del commissione Bilancio della Camera. «Ha iniziato Renzi prima ancora che il governo Gentiloni giurasse, ha continuato Zanda, ora Orfini. Tutti impegnati affannosamente - scrive sul suo blog - a fissare una scadenza al governo. Mi chiedo e gli chiedo, un po' di sano senso di vergogna mai?». E ancora: «Gli stessi che hanno fatto nascere il governo pensano già a come sfiduciarlo. È una grave mancanza di rispetto verso il premier e verso il capo dello Stato. Il nostro Paese è ancora una Repubblica parlamentare e non la Repubblica di Firenze; quella finì nel 1532 con Alessandro de' Medici. Fino a quando Gentiloni avrà la fiducia del Parlamento andrà avanti».

Il premier tira dritto, in silenzio, senza entrare nella dialettica del Pd e provando a rimarcare un passo autonomo rispetto a Renzi. Intanto riducendo all'interno dell'esecutivo il peso del Giglio magico, ridimensionando deleghe e poteri di Maria Elena Boschi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e di Luca Lotti, ministro dello Sport.

La madrina della riforma costituzionale bocciata con il referendum, infatti, dovrebbe avere solo la delega alle Pari opportunità e sarà dunque un sottosegretario alla presidenza del Consiglio decisamente meno potente del suo predecessore Claudio De Vincenti.

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