L'impronta genetica è quella del Movimento cinque stelle, l'incubatrice il ministero della Giustizia di via Arenula, i cui tecnici su mandato del ministro Bonafede hanno invaso il campo del Mef per lanciare la guerra all'evasione fiscale e promettere manette più facili - e in definitiva più anni di carcere - per chi viene pizzicato a buggerare il fisco. L'altro azionista di riferimento del governo, il Pd, ha frenato l'impeto pentastellato, terrorizzato dagli effetti antipatizzanti delle misure.
A casa del Guardasigilli si è lavorato inasprendo le pene e abbassando le soglie, che erano state ritoccate verso l'alto dalla riforma firmata da Matteo Renzi nel 2005. Oltre a rendere applicabili anche in ambito di delitti tributari una serie di misure già previste finora solo per i reati di mafia, come confische e sequestri. Un tributo offerto alla base pentastellata e salutato con entusiasmo dagli esponenti della componente gialla del Conte-bis, a cominciare dalla viceministro all'Economia Laura Castelli. Il giro di vite, però, non ha trovato la strada spianata tra gli esponenti del Pd nel governo, che avevano già frenato. Per evitare uno scontro dai risvolti imprevedibili, è tramontata in partenza l'ipotesi, caldeggiata dal M5s, di inserire le nuove norme nel decreto fiscale.
Ma il nuovo corso potrebbe comunque trovare una certa sponda nel fronte più a sinistra dell'esecutivo. Il confronto proseguirà nell'orizzonte della legge di Bilancio, che potrebbe rappresentare un «veicolo» nel quale inserire il nuovo testo, inizialmente pensato per il decreto fiscale. La proposta elaborata dai tecnici del Guardasigilli Alfonso Bonafede rappresenterà la base dalla quale avviare un complesso percorso di mediazione. «Sarà effettuata una valutazione politica ai massimi livelli», riferiscono fonti vicine al Nazareno. Questo implica che sarà ilpremier Conte a doversi incaricare della ricerca di un punto di caduta.
A dare la misura della severità sono, per cominciare, gli inasprimenti delle pene previste per le varie fattispecie di reato, che vanno di pari passo alle soglie di punibilità. Si entra nel campo penale per l'omesso versamento di ritenute già un centesimo sopra i 50mila euro. E le pene per chi si avvale di fatture per operazioni inesistenti e dichiara quindi passivi fittizi in una dichiarazione dei redditi, passano dalla reclusione da 1,5 a 6 anni a quella da 4 a 8 anni. Abbassata a 100mila euro la soglia di punibilità per la dichiarazione infedele, la pena applicabile sale da due a cinque anni (era da 1 a 3). Impennata anche per le pene previste per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, che con le nuove norme prevedrebbe da 3 a 8 anni di reclusione, mentre attualmente si rischiano da un anno e mezzo a sei. Inoltre, come detto, estendendo quanto finora previsto per i mafiosi, arriva la possibilità di confiscare e sequestrare i beni di chi è condannato per reati tributari in via definitiva, se non può dimostrare la provenienza lecita delle somme, e la misura sarebbe applicabile anche in caso di prescrizione o amnistia.
La proposta firmata da Bonafede ora sul tavolo della maggioranza, infine, prevede pure l'estensione della responsabilità amministrativa per i reati tributari alle società. Misure estreme che, come ha spiegato il viceministro dem all'Economia, Antonio Misiani, sono solo «una proposta in discussione». La ricetta Pd per combattere l'evasione sarebbe più articolata. E decisamente diversa.
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