Giorgetti: "Occorre tutelare chi continua a investire in Italia". Ma a Confindustria non basta

Orsini: "Ora serve un piano per il Paese". Forza Italia: "Lo abbiamo già presentato"

Giorgetti: "Occorre tutelare chi continua a investire in Italia". Ma a Confindustria non basta
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Nel pieno di una congiuntura globale incerta l'Italia si ritrova sospesa tra le richieste pressanti del mondo produttivo e la prudenza del rigore finanziario. Da un lato c'è il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti (in foto), che, parlando all'assemblea di Confagricoltura Varese, ha rivendicato una linea di responsabilità nei conti pubblici che è valsa la promozione da parte di Standard & Poor's. Dall'altro lato, Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, che chiede con forza un intervento strutturale per la competitività.

All'appuntamento con gli agricoltori, Giorgetti ha acceso i riflettori su uno dei temi caldi dell'attualità economica: la guerra commerciale. «L'agricoltura è quella che già sconta i dazi in senso anche inverso. È questo uno degli argomenti su cui gli americani stanno insistendo», ha detto, commentando i primi segnali di nuovi accordi tra Usa e India. L'Europa, ha aggiunto, «dovrà tutelare non solo gli interessi europei ma anche gli interessi italiani in Europa perché purtroppo abbiamo delle economie e delle agricolture diverse». Si tratta di un equilibrio delicato. «Dobbiamo andare avanti cercando di premiare e tutelare chi continua a crederci e continua ad investire e voler produrre in Italia», ha proseguito il ministro.

Ma per Orsini serve molto di più. Intervenuto a In mezz'ora su Rai 3, ha lanciato un appello chiaro. «Serve un piano industriale per il nostro Paese, lo abbiamo chiesto al governo» ha dichiarato aggiungendo che «dobbiamo essere più competitivi». E ha indicato le priorità: «C'è il fronte digitale su cui dobbiamo crescere e poi c'è il tema del costo dell'energia, che crea un problema di competitività». A questa sottolineatura ha replicato il responsabile economico di Forza Italia, Maurizio Casasco. Gli azzurri, infatti, hanno presentato nello scorso gennaio un «piano industriale per l'Italia e per l'Europa» che il congresso del Ppe a Valencia ha fatto proprio. Tra le azioni proposte, ha ricordato Casasco, «rafforzare i pilastri italiani del manifatturiero, ridurre la burocrazia, i costi dell'energia e la dipendenza strategica nell'approvvigionamento delle materie prime da Cina e India».

Il timore di Orsini, tuttavia, è che i dazi inducano pezzi di filiera a spostarsi. «Abbiamo 24mila imprese che esportano negli Usa. Solo mille imprese fanno il 57% e se anche solo 300 di queste mille portassero le produzioni negli Stati Uniti, per come siamo strutturati, arriveremmo a 30mila imprese che vanno negli Usa. Con un grande problema occupazionale: parliamo di 102mila persone», ha rimarcato. Il numero uno di Confindustria guarda oltre: Mercosur, India, Arabia Saudita, Emirati. Nel frattempo la produttività deve tornare al centro.

«Oggi sul lavoro non possiamo pensare di tornare a parlare» del referendum contro il Jobs Act, ha specificato. «A noi, oggi, mancano 100mila persone», ha concluso, e per far crescere i salari servono «contratti di produttività, anche defiscalizzati». L'esatto contrario della ricetta di Landini.

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