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"Il giorno in cui sbagliarono tutto". Crisanti ora inguaia Speranza

Esce "Caccia al virus", il libro di Andrea Crisanti e Michele Mezza. "Sono stati fatti errori grossolani e contrari a ogni buon senso"

"Il giorno in cui sbagliarono tutto" ​Crisanti ora inguaia Speranza

Alla fine l’ha fatto pure lui. Come tanti colleghi virologi star, anche Andrea Crisanti ha ceduto alle lusinghe della letteratura. Ma il suo è un libro diverso rispetto a quello dei vari Viola, Burioni, Bassetti, Gismondo e compagnia cantante. È un libricino a domande e risposte, intanto. Che sogna di essere (senza riuscirci) una sorta di lettera agli italiani. Ma soprattutto che ci regala giudizi di fuoco sulla gestione italiana del virus. Crisanti ne ha per il Cts, per i consiglieri di Speranza, per il ministro stesso, per il governo che non l’ha ascoltato. E poi le regioni, i politici, i media. “Invece di proteggere il personale sanitario, per intere settimane (…) abbiamo lasciato gli ospedali senza i più elementari dispositivi protettivi”, dice. “Abbiamo mandato gli infetti nelle Rsa, non abbiamo organizzato catene di testing e di tracciamenti”. Una sentenza che smonta mesi di retorica di Conte e Speranza sul “modello italiano” di risposta alla pandemia.

Il giorno clou

Lo spunto più interessante si trova a pagina 80. Chiede Michele Mezza: avremmo potuto limitare i danni? Sì, risponde il microbiologo del “Metodo Vo’”. Sarebbe bastato “fare le cose giuste in modo tempestivo” nella settimana “che va dal 22 al 29 febbraio 2020”. “Cose giuste” che il Conte bis non ha realizzato. Sono i giorni degli aperitivi sul naviglio di Zingaretti. Dei balbettii dell’opposizione. Degli appelli “Milano e Bergamo non si fermano”. Sono i giorni in cui “tutte le forze politiche e i mezzi di informazione” fanno “a gara per minimizzare la gravità della situazione”. “Proprio in quella settimana - scrive Crisanti - il giorno 27 febbraio, la Regione Veneto pubblicava sul suo sito i risultati del campionamento della popolazione di Vo’: 88 contagiati ovvero il 3,1% della popolazione infetta. Sembrava a tutti poca cosa, ma era un’enormità”. Capirlo avrebbe permesso di “chiudere le due Regioni, come dichiarai inascoltato in un’intervista il giorno stesso al Giornale”. Quel dato, però, venne “ignorato”.

La mancata trasparenza

Di chi è la colpa? Che il governo dell’epoca abbia tentennato è ormai cosa nota. Lo dimostrano le zone rosse rinviate. I militari spediti a Bergamo e lasciati riposare in hotel. Ma anche l’impreparazione complessiva di un sistema che, come rivelano i verbali della task force, preferì investire energie in un “piano segreto” anziché applicare quello esistente. Per non parlare della mancata trasparenza del dicastero. “Molte decisioni - dice Crisanti - sono state prese o non sono state prese senza condividerne pubblicamente le ragioni, senza spiegarle agli italiani. Non dimentichiamo che c’è stato bisogno di una sentenza del Consiglio di Stato per rendere pubblici i verbali ‘secretati’ del Comitato tecnico scientifico (Cts). Evidentemente la trasparenza non è nel dna dei nostri politici e dei nostri amministratori”. Speranza in primis.

Il caos asintomatici

C’è poi da considerare il caos asintomatici. Ricordate? Gli esperti di Speranza tra gennaio e febbraio sono scettici sul ruolo di chi non presenta sintomi. Il 6 febbraio, ad esempio, l’Iss riferisce al ministro che “non c’è trasmissione del virus prima della comparsa della sintomatologia”. Solo Ruocco il 12 febbraio segnala che “non notificarli sarebbe gravissimo”. E per diverso tempo il loro ruolo viene sottostimato. “Gli asintomatici sono stati inizialmente ignorati, diciamo fino a tutto marzo, e poi marginalizzati come oggetti da ricercare e recintare - ricorda Criasnti - In un verbale del Cts dell’ultima settimana di febbraio si raccomanda di non fare test per cercare contatti asintomatici perché in questo modo si crea confusione e allarmismo”. Un buco nero in cui molti sono caduti, compresi scienziati “arroccati sull’ortodossia cinese” convinti che “gli asintomatici non esistono e se esistono non trasmettono”. Si sbagliavano.

La cantonata di Ricciardi

“Non si è voluto credere - continua Crisanti - che una grossa percentuale di infetti non sviluppava sintomi, ma era perfettamente in grado di contagiare. Nessuno per settimane e settimane ci ha voluto credere”. Eppure i dati del piccolo paesino sui Colli euganei suggerivano proprio il ruolo centrale degli asintomatici nella diffusione della pandemia. Quando Zaia decise di fare tamponi a tutti, e non solo ai sintomatici come previsto da Oms e governo, da Roma venne messo all’indice. “Ricordo che fu detto che il campionamento di Vo’ era stato uno spreco di denaro pubblico”, racconta Criasanti. Walter Ricciardi, ascoltato consigliere di Speranza, un giorno disse: “La strategia del Veneto non è stata corretta perché ha derogato all’evidenza scientifica”. Anche lui, aveva toppato alla grande.

Bocciato il Cts

Direte: ma come è possibile che un intero pool di scienziati sia riuscito, a detta di Crisanti, a sbagliare così tanto? “Il nostro Cts - accusa il microbiologo nel libro - è stato dominato da competenze sanitarie e cliniche non proprio focalizzate sull’epidemiologia e la microbiologia. Allora erano del tutto assenti conoscenze ed esperienze provenienti dal campo della genetica e dell’ecologia. E quindi le valutazioni fatte ne hanno risentito”. Come a dire: ci siamo affidati alle persone sbagliate. Per carità, anche Crisanti negli ultimi mesi qualche errore l’ha fatto, pure grossolano.

Ma stavolta potrebbe aver ragione: nella gestione della pandemia “sono stati fatti errori grossolani e contrari a ogni buon senso”.

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