Il giorno dopo a Loreto Mare: massima efficienza

Dopo gli arresti, ieri nel nosocomio napoletano gran via vai di indaffarati camici bianchi

Il giorno dopo a Loreto Mare: massima efficienza

Napoli Alle 9 precise di ieri era tutto un pullulare di camici bianchi e inamidati. Medici indaffarati nelle corsie, infermieri affaccendati nel pronto soccorso, dipendenti di varia umanità affannati tutt'attorno agli ascensori.

Il giorno dopo la retata nell'ospedale «Loreto Mare» (55 arrestati, 39 indagati a piede libero) si respira un'aria da Canton Ticino nell'edificio di Via Marina. «Non posso parlare ora, è vietato l'uso del cellulare» liquida la discussione un portantino che si guarda attorno sperando che qualcuno lo noti al lavoro. Tanti fanno come lui. Tanti altri hanno invece gli occhi bassi; condizione questa che instilla un insperato coraggio ai pazienti che attendono il turno rivendicando maggiori diritti e scagliando saette contro lo «scandalo di prendere uno stipendio e non lavorare». «Vi dovete mettere scuorno (vergogna ndr)» urla una vecchietta seduta in attesa della visita. Nessuno risponde. Sono i giorni della riprovazione. Poche barelle nei corridoi, negli uffici i giornali con le notizie sul blitz passano di mano in mano come bustine di cocaina. Meglio non farsi vedere troppo interessati a quel che accade.

Per coprire i vuoti di organico la direzione sanitaria ha convocato i dipendenti in reperibilità ed ha bloccato le licenze per i prossimi due mesi.

Appena paio di ore prima c'era la folla davanti ai badge per strisciare i cartellini in entrata. E la stessa cosa nel primo pomeriggio, al momento dell'uscita. Succede sempre così. Il ripensamento postumo.

Il gip, per impedire che la funzionalità del presidio sanitario venisse compromessa dall'indagine, ha autorizzato 50 «furbetti» a lasciare i domiciliari solo per andare al lavoro. Qualcuno non si è presentato, pare. Quelli che si son scansati le manette si sono chiusi in un ostinato mutismo interrotto solo per maledire i «corvi» che hanno fatto partire l'inchiesta dei carabinieri del Nas con una lettera anonima contro tre medici dello stesso presidio che erano in «regime di esclusività».

Un profilo contrattuale che prevede di poter lavorare solo con la sanità pubblica a fronte di un trattamento economico aggiuntivo annuo. I tre medici invece arrotondavano (e parecchio, pure) prestando servizio in strutture convenzionate o private.

Il «bubbone» era il reparto di radiologia dove i turni venivano gestiti in maniera del tutto privatistica e irrispettosa dei diritti dei pazienti e degli altri colleghi.

Gli interrogatori di garanzia sono iniziati e proseguiranno almeno fino a metà settimana entrante, considerato il numero degli indagati. Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

L'inchiesta, condotta sotto il coordinamento del pm Ida Frongillo, si è avvalsa delle tradizionali tecniche investigative (intercettazioni, pedinamenti, foto e videoriprese) ma anche di innovativi sistemi di «monitoraggio».

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