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La giravolta dei grillini: approvano compatti il Mes che detestavano

In Parlamento evapora la fronda. Si profila l'ennesima epurazione per i pochi ribelli

La giravolta dei grillini: approvano compatti il Mes che detestavano

La rappresentazione del paradosso si materializza nell'Aula di Palazzo Madama poco dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Prende la parola Mario Monti, ora senatore a vita, già premier tecnico con il loden che, involontariamente, ha spalancato la strada del Palazzo ai 5 Stelle nel 2013. L'ex nemico numero uno dei grillini, con sottile perfidia, consuma la vendetta per gli insulti subiti negli anni. Parla di «un impegno di pedagogia didattica» che è servito agli scolaretti del Movimento per rimangiarsi l'antieuropeismo. Come dargli torto. Negli interventi in Aula, sia alla Camera sia al Senato, i grillini ribadiscono la loro contrarietà al Mes e addossano le «colpe» dell'approvazione del Salva-Stati al governo guidato da Silvio Berlusconi nel 2011. Il senatore Ettore Licheri dichiara «la morte anticipata del Mes» grazie alla risoluzione di maggioranza. Ma di fatto è compiuta l'ennesima giravolta. Dopo la Tav, il Tap e il tabù delle alleanze è crollato il dogma del Mes. A Palazzo Madama sono assenti nel M5s alcuni firmatari della lettera contro il meccanismo europeo, come Orietta Vanin, Barbara Guidolin ed Elio Lannutti. A loro si aggiunge Primo De Nicola che però non faceva parte della fronda. Vota contro Mattia Crucioli, che nel suo intervento si sfoga: «Resti agli atti che ho lottato fino all'ultimo contro questa risoluzione». Con lui vota contro, come previsto negli scorsi giorni, anche Bianca Granato.

Fronda ridotta anche alla Camera. Erano 42 i deputati che avevano firmato la lettera contro il Mes della scorsa settimana. Alla fine mancano ventitré voti. Tredici parlamentari votano No, dieci sono assenti (non in missione). A esprimere apertamente la contrarietà al Mes, con una dichiarazione di voto sono in sei. Si tratta di Andrea Colletti, Francesco Forciniti, Pino Cabras, Fabio Berardini, Mara Lapia e Alvise Maniero. Tutte defezioni ampiamente attese. Anche se la reprimenda più dura la pronuncia il deputato Raphael Raduzzi, il relatore del corso online di Rousseau sul Mes. Il parlamentare veneto non si presenta in Aula ma chiede le dimissioni di Vito Crimi con un post su Facebook. «È stata una Caporetto», taglia corto. «Crimi dovrebbe immediatamente dimettersi», conclude. Tra gli ex grillini vota contro Lorenzo Fioramonti, fino a qualche mese pronto a formare un gruppo ambientalista vicino a Conte. E non è ascrivibile alla fronda dei sovranisti Paolo Giuliodori, grillino che vota No al Mes, ma annoverato tra i «contiani» di sinistra.

Tutti i deputati e i senatori che hanno votato in dissenso adesso rischiano l'espulsione. Un epilogo non disdegnato da Di Maio, ansioso di rimodellare il M5s, «depurandolo» dalle schegge impazzite. Il reggente Crimi adombra la cacciata: «Chi ha votato contro si prende le sue responsabilità». Un deputato conferma al Giornale la possibilità di nuove epurazioni: «Molti aspettavano la scusa per andare via, altri si troveranno in mezzo, quelli che sono intervenuti in dissenso dovrebbero essere fuori di sicuro». Espulsione quasi certa quindi per sei deputati e per il senatore Crucioli. Intanto Di Maio si gode un'altra vittoria interna in vista dell'elezione dell'organismo collegiale del M5s. Il ministro degli Esteri è stato tra gli artefici della mediazione nei Cinque Stelle e dal suo entourage filtra soddisfazione per il voto sulla risoluzione. L'orizzonte di Di Maio è quello di un M5s responsabile e di governo. Idee che trovano una sponda in un'intervista del capo della Farnesina al Financial Times. Un colloquio, che sarà pubblicato nelle prossime ore, in cui il ministro prende le distanze dai sovranismi europei.

E anche il repulisti nel M5s sarà funzionale al nuovo corso.

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