Giustizia capovolta sulla strage di Cutro. Perquisite Finanza e Guardia costiera: soccorritori indagati

Il pm Festa rilancia i teoremi della sinistra contro il governo e la catena italiana di salvataggio

Giustizia capovolta sulla strage di Cutro. Perquisite Finanza e Guardia costiera: soccorritori indagati
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Perquisizioni e iscrizioni nel registro degli indagati. L'inchiesta sulla strage di Cutro è a una svolta ma nel mirino degli investigatori non c'è l'organizzazione criminale che aveva gestito il viaggio della morte ma i soccorritori. Almeno tre appartenenti alla Guardia di finanza, secondo Il Corriere della Sera: due ufficiali e un sottufficiale, indagati per omicidio colposo come conseguenza di altro reato. Una notizia clamorosa che rimbalza a Roma. Ci furono ritardi, omissioni e in definitiva una sorta di scaricabarile nella notte terribile fra il 25 e il 26 febbraio nel mare di Calabria?

La mattina del 26 febbraio, poco dopo le quattro, la nave guidata da un gruppo di scafisti si fracassa nelle acque di una secca a pochi decine di metri dalla riva. Il bilancio ufficiale parla di 94 morti e decine di dispersi e certo quel naufragio non è solo un dramma, ma anche la prima, grave crisi politica del governo Meloni.

Per giorni e giorni le opposizioni si scatenano, addebitando al governo la responsabilità di quel gravissimo incidente. La narrazione è suggestiva: se fossero intervenute subito le motovedette della Guardia costiera - mai chiamata in causa - probabilmente si sarebbero salvate decine di vite umane, abbandonate invece al loro destino. Questa tesi, sostenuta da molti esponenti del centrosinistra, trova ora sponda nelle mosse della procura di Crotone che mette sotto accusa quasi tutto l'apparato presente a Cutro. E dunque la Guardia di finanza e la Guardia costiera, Frontex, l'agenzia europea che si occupa dei migranti, il cui coinvolgimento viene confermato ma senza visite. Già la presenza nella zona di tre diverse strutture, più i carabinieri che si buttarono in acqua riuscendo a salvare qualcuno dei migranti finiti fra le onde, fa capire la frammentazione delle competenze e la tortuosità delle norme che, come al solito quando c'è di mezzo l'Europa, non chiariscono. Di sicuro la sera del 25 febbraio un aereo di Frontex scopre la barca a circa 40 miglia al largo delle coste calabresi. Sul ponte c'è una sola persona, ma il sospetto è che la stiva sia piena di migranti stipati in qualche modo là sotto. La galleggiabilità del natante è però buona e questo spiega forse il possibile errore commesso a terra: la segnalazione non viene smistata alla Guardia costiera per organizzare al volo un'operazione di salvataggio, ma invece arriva alle Fiamme gialle che mandano un paio di unità per sbarrare la strada a eventuali trafficanti. Una possibile sottovalutazione fatale, col senno di poi. I mezzi inviati non trovano il barcone dei migranti e fanno dietrofront. A bordo intanto fanno di tutto per mettersi nei guai: rallentano, prendono tempo per cercare un punto di approdo lontano dalle forze dell'ordine e al buio; intanto il mare peggiora e i trafficanti di esseri umani bloccano i telefonini dei «passeggeri» sempre più spaventati e decisi a chiamare aiuto. Gli scafisti vedono alcune luci a tera e temono sia la polizia. La nave si sposta e finisce su un fondale molto basso: è il disastro. Decine di morti.

Un attimo prima i carabinieri hanno finalmente ricevuto una telefonata disperata di sos e si sono precipitati in spiaggia. Intervengono ma il mare è ormai una distesa di corpi senza vita. Un'ecatombe che innesca polemiche furiose fra la Calabria e Roma. Il governo si trova sul banco degli imputati, ora si scopre che questa tesi potrebbe passare, sia pure parzialmente, dai palazzi della politica a quelli della giustizia.

Vengono portati via telefonini e computer, il pm Pasquale Festa mette sotto osservazione tutta la catena di comando. E vuole valutare le mosse dei soccorritori.

Reati tutti da dimostrare ma i sospetti dell'opposizione vengono immediatamente rilanciati. In questi mesi cinque scafisti sono stati arrestati, ma questo oggi pare solo un dettaglio. Quel che conta è l'incipit virtuale del processo alla Meloni e ai suoi ministri.

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