"Giustizia è fatta per Asia Bibi. Ma l'Italia deve accoglierla"

L'avvocato fratello del ministro ucciso dagli islamisti. "Giudici coraggiosi, là una fatwa vuole la sua morte"

"Giustizia è fatta per Asia Bibi. Ma l'Italia deve accoglierla"

«L'assoluzione di Asia Bibi mi dà fiducia. Da mercoledì sappiamo che in Pakistan esiste ancora la giustizia. E sappiamo che esistono dei giudici coraggiosi pronti ad applicarla. In tutti questi anni, nonostante l'assassinio di mio fratello ucciso proprio per aver difeso quella donna, sono sempre rimasto ottimista e ho sempre scommesso sulla vittoria di Bibi e della giustizia».

Per il cristiano Paul Batthy l'assoluzione di Asia Bibi non è una notizia come le altre. Il 2 marzo 2011, suo fratello Shahbaz Bhatti, al tempo ministro degli Affari delle Minoranze venne ucciso proprio per aver difeso la causa di questa giovane donna accusata di blasfemia. Un'accusa formulata nel nome di quella che i cristiani del Pakistan chiamano «la legge nera». Una legge che consegna al boia chi insulta l'Islam. Dopo la morte del fratello Paul, medico in un ospedale italiano, tornò in Pakistan per prendere il suo posto di ministro e combattere per la difesa dei cristiani e delle minoranze religiose. Oggi dalla sua casa di Treviso, dove è tornato qualche settimana fa, Paul Batthy esulta per l'assoluzione di Bibi ma ricorda che la cristiana Asia Bibi resta una condannata a morte. Parole confermate dal secondo giorno di proteste indette dai partiti islamisti che chiedono la condanna a morte di Asia Bibi e bloccano sia la capitale Islamabad sia Karachi. Il tutto mentre i vertici del partito fondamentalista «Tlp» invocano la morte del presidente della Corte Suprema Saqib Nisar e di Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel, i due giudici che hanno emesso la sentenza. «La vita di Bibi - spiega Paul Bhatty in questa intervista a Il Giornale - è compromessa per sempre. Nonostante i nove anni da innocente trascorsi dietro le sbarre non sarà mai veramente libera perché non potrà più vivere nel paese dov'è nata e dove ha casa e famiglia. Se vuole sopravvivere deve per forza andarsene».

Come fa ad esserne certo?

«Perché ho vissuto in prima persona il caso di Rimsha Masih, la bambina di 14 anni affetta da un ritardo mentale accusata falsamente di blasfemia da dei ragazzini pronti a giurare di averla vista dar fuoco al Corano. Io la feci liberare, ma quando uscii di prigione ad attenderla c'erano diecimila persone che gridavano di volerla morta. Per salvarla dovetti far arrivare un elicottero, portarla a casa mia e da trasferirla in Canada. Oggi lei e la sua famiglia stanno bene, ma di certo non possono dirsi completamente liberi perché gli è negata la possibilità di tornare in Pakistan. E questo sarà negato per sempre anche a Bibi. Senza contare che anche la sua famiglia, come quella di Rimsha, dovrà vivere sotto scorta.

Da chi arrivano le minacce?

«Non è un segreto. La fatwa emessa dai leader religiosi legati ai partiti fondamentalisti è un documento ufficiale. Secondo la fatwa è lecito uccidere sia Asia Bibi sia i giudici che l'hanno assolta. Per questo non sarà mai al sicuro, neanche all'estero».

Quindi come fa a dirsi soddisfatto?

«Perché ho letto la sentenza di assoluzione e vi ho trovato dei passaggi fondamentali per il progresso del mio Paese. Il principio fondamentale sancito da quei giudici coraggiosi è il divieto di uccidere nel nome dell'Islam. Questo è importantissimo. Il capo dei giudici della Corte Suprema si dichiara credente, sostiene di non voler tradire la propria fede e ammette di sentirsi infastidito da chiunque offenda il Corano e Maometto, ma sottolinea di non poter accettare delle accuse false rivolte nel nome dell'Islam ad una persona povera ed innocente. E, dopo aver spiegato che il Profeta non ha mai chiesto di uccidere, chiede a tutti di difendere le minoranze anche nel nome degli insegnamenti del Profeta. Sono parole coraggiose che mi ridanno speranza».

Asia Bibi può venir accolta dall'Italia?

«Il vostro Paese è sicuramente disposto ad accoglierla. Non ho avuto contatti con l'attuale governo, ma quelli precedenti mi hanno sempre dato piena disponibilità. E molte associazioni si sono dette pronte ad offrire ospitalità e lavoro a lei e alla sua famiglia. Il problema è trasferirla».

Il Pakistan può opporsi?

«Lei è una cittadina libera e come tale libera di viaggiare. Il problema è la sicurezza».

L'Italia

rischia?

«I fanatici ci sono sia in Pakistan, sia da voi. In passato gli attentati non hanno colpito solo il Pakistan, ma anche paesi dove la sicurezza è apparentemente più garantita come Francia, Germania e Inghilterra».

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