Global warming? Non ci credeva neanche Leopardi

Il poeta e i cambiamenti climatici: «Servono decine di secoli». E all'epoca il problema era il freddo...

Global warming? Non ci credeva neanche Leopardi

«Io credo che ognuno si ricordi avere udito dai suoi vecchi più volte, come mi ricordo io dai miei, che le annate sono divenute più fredde di un tempo, e gl'inverni più lunghi; e che, al tempo loro, già verso il dì di Pasqua si solevano lasciare i panni dell'inverno, e pigliare quelli dell'estate; la qual mutazione, secondo essi, si può patire oggigiorno già nel mese di maggio, e talvolta di giugno.

Di tale supposto raffreddamento delle stagioni alcuni fisici ne hanno cercato seriamente la causa, attribuendola, alcuni, al disboscamento delle montagne, e altri a non so quali altre cause, per spiegare un fatto che invece non ha luogo. Piuttosto, ad esempio, in diversi passi d'autori antichi, si legge che l'Italia ai tempi romani dovette essere più fredda di ora. La cosa è credibilissima anche perché da altra parte è evidente dall'esperienza, e per ragioni naturali, che la civiltà degli uomini venendo innanzi, rende l'aria, nei paesi abitati da essi, di giorno in giorno più mite: il quale effetto è stato ed è palese singolarmente in America, dove, per così dire, a memoria nostra, una civiltà matura è succeduta parte a uno stato barbaro, e parte a mera solitudine.

Ma i vecchi, riuscendo il freddo all'età loro assai più molesto che in gioventù, credono che il cambiamento che provano nello stato proprio sia invece avvenuto alle cose; ed immaginano che il calore che va scemando in loro, scemi nell'aria o nella terra. Tale immaginazione è così fondata, che quel medesimo appunto che affermano i nostri vecchi a noi, affermavano i vecchi nei tempi passati. Ad esempio, lo affermavano i contemporanei del Magalotti, il quale nelle Lettere familiari già nel 1683 scriveva: «È certo che l'ordine antico delle stagioni par che vada pervertendosi. Qui in Italia, è voce e querela comune che le mezze stagioni non vi son più; e non vi è dubbio che il freddo acquista terreno. Io ho udito dire a mio padre, che in sua gioventù, a Roma, la mattina di Pasqua di Resurrezione, ognuno si vestiva da estate. Adesso, invece, chi non ha bisogno d'impegnar la camiciuola, si guarda molto bene di alleggerirsi della minima cosa di quelle ch'egli portava nel cuor dell'inverno».

Ma se fosse vero quel che scriveva il Magalotti nel 1683, l'Italia sarebbe oggi più fredda oramai della Groenlandia, se da quell'anno a questo, fosse venuta continuamente raffreddandosi a quella proporzione che si raccontava allora.

È quasi superfluo aggiungere che il raffreddamento continuo che si dice aver

luogo per ragioni intrinseche nella massa terrestre, non ha nulla a che vedere con ciò che si osserva oggi, essendo la cosa, per la sua lentezza, percepibile solo in decine di secoli, e non in pochi anni».

da Pensieri, XXXIX

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