Quel golpe (sventato) del governo sulla casa

Giusto abolire la Tasi, ma ora si pensi a una tassazione davvero liberale sul mattone

Quel golpe (sventato) del governo sulla casa

Le grandi manovre sulla legge di Bilancio (la vecchia Finanziaria) sono cominciate. E la Lega, col viceministro Garavaglia, ha posto con forza il problema delle tasse sulla casa. Aiutata, anche, da una presa di posizione senza precedenti del mondo bancario: la perdita di valore delle tradizionali garanzie dei finanziamenti gli immobili si fa sentire, costringe a una riduzione del credito. «Il settore immobiliare ha detto il presidente dell'Abi Patuelli, in audizione è cruciale, la sua tassazione è elevata». Si è parlato, in questi giorni, di abolizione della Tasi, della sua unificazione all'Imu, della detassazione degli immobili sfitti, di una local tax. E bisognerà allora dire che il Fisco deve essere anzitutto giusto, tassare cioè redditi realmente esistenti.

Quando, negli anni '90, si cominciò a teorizzare di rendere più equa la tassazione immobiliare, si disse che essa doveva prima di tutto essere lasciata alla competenza degli enti locali: sono quelli che più hanno a che fare, coi loro servizi, con le case, ci pensassero loro. Partendo da questo (giusto) presupposto, si è realizzata peraltro nei fatti la tassazione più ingiusta che si potesse immaginare: non basata, anzitutto, sui redditi delle case, ma sul loro valore presunto, indipendentemente da quanto essi rendessero (in alcuni casi) o costassero (nella maggior parte dei casi). Su un valore, poi, che è rimasto intatto, mentre in realtà salvo poche fortunate eccezioni è calato a picco. Con l'aggiunta, anche, della tassazione degli immobili sfitti (come se un proprietario ci godesse a perderci) e del mantenimento della tassa prima casa sui palazzi storici (comodamente definiti di «lusso», nonostante i noti aggravi di spese che essi comportano). A un certo punto, poi presi da rimorso per una tassazione così strampalata e così iugulatoria per effetto dei moltiplicatori Monti, ma dopo che essa aveva già svolto la funzione di far spostare gli investimenti nel mattone a quelli finanziari (Forte) si disse che la fiscalità immobiliare andava corretta (Governo Letta) e resa giusta attraverso una tassazione che fosse rapportata ai concreti benefici recati alle singole case dai Comuni, con le loro opere pubbliche. Finì che si mantenne la patrimoniale (Imu) e si istituì una nuova tassa, la Tasi, che è o dovrebbe peraltro essere rapportata, come dice il suo nome, ai servizi cosiddetti indivisibili (che recano cioè benefici non riferibili alle singole case, ma ad intere zone e aree). Tassazione, anche questa, di fatto patrimoniale, ma comunque pur sempre con il fastidio che questi servizi indivisibili devono essere, per legge, in qualche modo calcolati e dimostrati in un apposito documento di bilancio, costituendo questo in un qualche nodo un antidoto a aumenti smodati e a vanvera.

Per questa Tasi, si è finora pensato di unificarla e basta all'Imu (col vantaggio, così, di poter poi aumentare due imposte in una volta sola). Veniva introdotta una semplificazione, certo. Ma a favore della tassazione.

Il gioco è stato scoperto, e la Confedilizia l'ha denunciato apertamente (e ripetutamente), anche da queste colonne con un mio articolo. Ora, così, il (diabolico) intento è stato scongiurato e il viceministro Garavaglia pensa (meritoriamente) di finanziare il buco creato dall'abolizione della Tasi con l'emersione del sommerso. Proposito giusto. Ma attenzione però: l'evasione si scova davvero solo tornando alla tassazione per le case oltre la prima dei redditi reali, come faceva lo Stato liberale. Ogni proprietario denunciava annualmente i propri introiti, sotto comminatoria di sanzioni penali. È l'uovo di Colombo, andrebbe a farsi benedire anche il Catasto, con quel che costa.

Ma, forse, proprio qua nasce la difficoltà: si dovrebbero riciclare migliaia e migliaia di impiegati, verrebbe eliminata in radice la corruzione, non si potrebbe più assumere nuovo personale. Sono semplificazioni, peraltro, che la politica non gradisce.

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