Il governo a caccia di soldi: mazzata sulle successioni

Le coperture per recuperare 3,4 miliardi non ci sono E quindi l'esecutivo pensa di colpire le eredità dirette

Il governo a caccia di soldi: mazzata sulle successioni

La voce circola nei palazzi e viene captata dalle newsletter finanziarie e dai siti specializzati: il governo a caccia di risorse potrebbe ritirare fuori un sempreverde delle leggi di stabilità (ora di bilancio): l'inasprimento delle tasse sulla successione. Colpire le rendite, come ci suggeriscono le istituzioni europee e fare cassa, per recuperare parte dei 3,4 miliardi di euro di extradeficit che dobbiamo tagliare e anche per finanziarie le nuove misure per la crescita annunciate a più riprese dal premier Paolo Gentiloni.

Il progetto non è mai tramontato e riposa, insieme a tanti altri, nei cassetti del ministero dell'Economia. Prevede un inasprimento del regime in vigore per le successioni in linea diretta. Oggi c'è l'esenzione per i patrimoni inferiori al milione di euro e l'aliquota al 4% per quelli superiori. Il grosso delle successioni riguarda proprio le eredità genitori/figli ed è su questi che si concentrano le ipotesi di ritocco. La più probabile, già da tempo, è un abbassamento della franchigia a 200mila euro. Che poi è il valore medio di un appartamento. Altre ipotesi circolate negli anni passati prevedevano un ritocco alle aliquote. Comunque misure che finirebbero per colpire la classe media, magari presentate come un giro di vite sulle rendite. Altra argomentazione a sostegno di un inasprimento della tassa, il fatto che quella italiana sia una delle più basse d'Europa.

Tra le tante controindicazioni, quella che la misure sarebbe in netta contraddizione con la cosiddetta «flat tax» a 100 mila euro per i ricchi, con la quale il governo cerca di attrarre in Italia supermanager, magari quelli in fuga da Londra dopo la Brexit. Uno degli argomenti a favore di un trasferimento nel Belpaese è proprio quello di un fisco molto favorevole alle eredità. Uno dei pochi primati da spendere in termini di competitività. Politicamente è un argomento indigesto. Silvio Berlusconi, che da premier l'aveva abolita, ha detto che nel suo programma elettorale ci sarà di nuovo la cancellazione della tassa, ingiusta perché la ricchezza è già tassata.

Il progetto non piacerà di certo a Matteo Renzi. Una maggioranza di centrosinistra che reintroduce una delle tasse più odiate dagli italiani non è un buon viatico per il voto, anche se potrebbe servire a recuperare la sinistra, sia quella interna sia quella uscita per fondare Mdp, che continua a chiedere una patrimoniale.

Per il momento la cosa più concreta della manovra, sono gli aumenti delle accise e le misure per il terremoto. Allo studio quattro possibili interventi, ha spiegato ieri il sottosegretario al Mef con delega al Terremoto Paola De Micheli: la riduzione di Irpef, quella dell'Irap, il taglio delle tasse sugli immobili e le decontribuzioni sui lavoratori.

Ieri il premier Gentiloni ha ribadito che il governo sta lavorando per «sostenere la

crescita e contrastare le conseguenze sociali della crisi», ancora tutte presenti. Ufficialmente la linea è: niente nuove tasse. Ma tutto dipende da chi prevarrà tra le ragioni di Bruxelles e i timori, tutti politici, di Renzi.

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