"Governo concentrato solo su se stesso. E ignora il Paese fermo"

Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: «La questione industriale deve essere centrale»

"Governo concentrato solo su se stesso. E ignora il Paese fermo"

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, parte del coronavirus, ma arriva dove si deve. E cioè all'emergenza economica. Che gli ultimi dati sul Pil e sul lavoro rendono evidente a tutti.

Boccia è una cosiddetta «antra zoppa»: tra poche settimane verrà nominato il suo successore ed egli non è più eleggibile. Forse anche per questo non affonda il coltello sul governo. Ma parlando del virus che sta minacciando sia la salute, sia l'economia mondiale, è chiaro: «È evidente che se rallenta la Cina, anche per una causa come questa, un effetto sull'economia globale arriva. A maggior ragione dobbiamo reagire in chiave di mercato europeo e domestico perchè potrebbe essere una causa esterna che accelera un rallentamento dell'economia». Per Boccia «abbiamo tutti gli strumenti per reagire, a partire da Italia, Germania e Francia, che sono le tre manifatture d'Europa e su questo dobbiamo riprendere un'attenzione importante. La questione industriale diventa questione italiana e questione europea». «Gli Stati Uniti - ha aggiunto - quando inseriscono i dazi difendono la propria industria, la Cina vorrebbe diventare la più grande manifattura del mondo, noi lo siamo, come europei e come italiani, e da questo dovremmo ripartire a mio avviso».

Rispetto all'azione del governo sull'economia Boccia è stato più ancora più esplicito nell'intervento finale, che ha chiuso la giornata: «Non possiamo andare avanti per emergenze. Servono riforme strutturali. Questa è la critica che avanza Confindustria al presentismo, alla ricerca del consenso immediato, che non ha visione del Paese. Il Paese deve uscire dal torpore e dal cavalcare l'ansia». Per poi concludere lanciando un allarme: «Ci stiamo appiattendo sul presente. Dobbiamo governare le emergenze, ma anche guardare oltre e fare i conti con le potenzialità del Paese».

Una sorta di congedo critico dal suo mandato quadriennale. Iniziato sotto il segno di Matteo Renzi, con il quale aveva un forte feeling, che prorpio per questo, dopo il referendum, ha anche condizionato l'azione di Confindustria. Al prossimo presidente il compito di far sentire maggiormente la voce degli industriali privati sui tavoli che contano. Incalzando un governo che resta lontano dalle emergenze economiche.

La partita si giocava già ieri, alle Officine Grandi Riparazioni di Torino: in capannelli e incontri riservati il tema era quello delle candidature, che i tre saggi confindustriali (Andrea Tomat, Andrea Bolla, e Maria Carmela Colaiacovo) hanno tempo fino alla mezzanotte di mercoledì 5 per presentare. Condizione necessaria è avere almeno il 10% delle preferenze tra i 189 membri del consglio generale, vale a dire 19 grandi voti. Giovedì sapremo se oltre a Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, già accreditato di una trentina di grandi elettori e a Licia Mattioli, una delle vice di Boccia, ampiamente sopra quota 20, ce la farà anche Giuseppe Pasini.

Il presidente bresciano che, in caso di rinuncia potrebbe, però portare i suoi voti (il parterre torinese di ieri gliene attribuiva 13) a Mattioli. La partita è solo all'inizio. Ma il tempo stringe perché il consiglio si riunirà per votare il 23 marzo.

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