«Non vogliamo uno scontro con i nostri partner, credo che raggiungeremo nei prossimi giorni un accordo su una soluzione condivisa a livello europeo». Toni più concilianti ieri, ma è lo stesso Alexis Tsipras che una manciata di ore prima aveva acceso il Parlamento con un fiammeggiante discorso sulla cacciata dal tempio della Troika e sul rigetto dell'austerity, in stretta osservanza alle promesse elettorali. Nella crescente cacofonia tra ciò che dice il governo greco e ciò che replica il resto dell'Europa, la sensazione è che solo un miracolo potrà fare in modo che l'Eurogruppo di domani partorisca un accordo. Un nulla di fatto è così scontato da non essere neppure oggetto di scommessa e da diventare motivo di forte instabilità per i mercati. Così, all'inizio della settimana, le azioni si vendono, gli spread risalgono: tutto già visto. Manca ancora il panico, quello vero. Forse perché, se non subito, ci saranno altre occasioni per evitare di arrivare senza un'intesa a fine mese, la deadline del piano di aiuti.
Ma certo non è rassicurante assistere al differenziale tra il decennale greco e il Bund tedesco decollare oltre i 1.000 punti, mentre la Borsa di Atene iscrive a bilancio un altro -4,75%, con altri cocci sparsi sul terreno dalle banche. Proprio le stesse banche (Piraeus Bank, National Bank of Greece, Alpha Bank, Eurobank e Attica Bank) su cui, in serata, è calata la scure di Moody's, con un taglio ulteriore del rating che segue la decisione, presa venerdì scorso, di mettere sotto osservazione il voto sovrano della Grecia. Sbandano anche gli altri listini (Milano scende dell'1,9%), con lo spread Btp-Bund tornato a quota 130, ma ampiamente ancora al di sotto del livello di guardia.
Bandita la scorsa settimana, quando le relazioni tra Syriza e Bruxelles non erano ancora pericolose, la «Grexit» torna prepotentemente a galla. Il governo britannico non ha fatto mistero di aver convocato ieri un vertice a Downing Street con il premier David Cameron, il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, e membri della Banca d'Inghilterra, per prepararsi a contenere gli effetti del possibile «contagio» dell'eventuale uscita dall'euro di Atene. È un prepararsi al peggio che stride con l'ottimismo ostentato da Tsipras. Al quale ha replicato con una certa durezza il presidente della commissione Ue, Jean-Claude Juncker: «Tsipras non si aspetti un semplice ok dall'Unione europea». Il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis sembra voler tendere la mano all'Europa, con la proposta di attuare il 70% delle riforme previste dal piano di salvataggio Ue-Bce-Fmi e a completare il restante 30% al di fuori del programma. Ma più che la rimodulazione delle scadenze debitorie, magari con tassi di interesse agganciati all'andamento del Pil, il nodo da sciogliere riguarda la richiesta da parte di Atene di un prestito-ponte («che non costerà un euro ai contribuenti europei», ha assicurato il premier ellenico) in modo da restare a galla fino a giugno. Gelida la risposta di Angela Merkel: «Dalla Grecia vogliamo proposte sostenibili, ce le presenti». Meno duro il ministro Pier Carlo Padoan: «Non ne abbiamo ancora discusso. Ne parleremo all'Eurogruppo», ha detto ieri dopo aver chiuso la querelle con Varoufakis, secondo cui «l'Italia è a rischio bancarotta». «In queste ore - ha detto Padoan - ci siamo sentiti e ci siamo scambiati messaggi. Non c'è alcun problema», ma il chiarimento «era necessario perché non si può mettere in discussione la solidità e la sostenibilità del debito italiano». Anche gli Usa seguono il dossier Atene con interesse. Secondo Barack Obama, occorre «trovare un modo che faccia tornare la Grecia a una crescita sostenibile nell'Eurozona».
Giovedì il caso Grecia arriverà al tavolo dei capi di Stato e di
governo, quando ci sarà il primo faccia e faccia Merkel-Tsipras. Poi secondo appuntamento all'Eurogruppo, lunedì 16. È questa la data alla quale sono appesi tutti, governi e mercati finanziari, ora sempre più in allarme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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