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Gregoretti, la difesa di Salvini: ​"Berlino ci avvertì dei rischi per la nostra sicurezza"

Mercoledì prossimo il voto al Senato. Trapela la linea difensiva del leader leghista: "Sbarco rallentato dalle trattative sulla redistribuzione"

Gregoretti, la difesa di Salvini: ​"Berlino ci avvertì dei rischi per la nostra sicurezza"

Lo sbarco della nave Gregoretti non fu rallentato solo dal tentativo di trovare un accordo sulla redistribuzione dei 131 migranti che si trovavano a bordo e che, in quelle concitate ore, stavano coinvolgendo i governi di diversi Paesi dell'Unione europea, ma anche dall'allarme lanciato da Berlino che aveva fatto sapere della presenza di tre "soggetti in grado di mettere a rischio la sicurezza nazionale". Sono queste le motivazioni principali che hanno spinto l'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini a vietare lo sbarco per quattro giorni e su cui adesso incentrerà la linea difensiva il cui contenuto è stato anticipato oggi dall'agenzia Adnkronos. Una linea che smonta, punto per punto, tutti i teoremi montati ad arte dalla sinistra per provare a "toglierlo di mezzo" per via giudiziaria.

In una intervista, rilasciata al New York Times il stesso giorno dell'assoluzione del presidente americano, Salvini non si fa troppi problemi a paragonare il caso della nave Gregoretti all'impeachment per Donald Trump. Ad accomunarli, a suo dire, "una sinistra che cerca di vincere con mezzi legali ciò che non può vincere con mezzi democratici". Il prossimo appuntamento del braccio di ferro sulla vicenda della nave militare, che infiammò la politica l'estate scorsa, si combatterà mercoledì prossimo a Palazzo Madama. Il Capitano leghista, dicono, è fermamente "determinato" ad andare fino in fondo. La sua linea, insomma, non è cambiata da quando ha fatto votare ai suoi, che siedono in Giunta per l'autorizzazione a procedere, a favore del processo. Secondo un'indiscrezione pubblicata dall'agenzia LaPresse, però, il fronte leghista non è poi così compatto. "Alcuni senatori e consiglieri giuridici sono più cauti ritenendo - viene spiegato - che da un punto di vista giudiziario confermare in aula il 'sì' all'autorizzazione a procedere, avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania, potrebbe essere controproducente vista l'assurdità dell'accusa". Per questo, fanno sapere le stesse fonti, a pochi giorni dal voto in via Bellerio si sarebbe aperta una riflessione per evitare che il via libera non si trasformi "in un boomerang contro Salvini". Tra le opzioni sul tavolo ci sono quella di lasciare ai parlamentari del Carroccio libertà di coscienza e quella di non partecipare al voto in Senato.

L'appuntamento è, dunque, fissato per mercoledì prossimo. Ore 9.30. La leghista Erika Stefani che porterà le motivazioni del Carroccio a favore dell'autorizzazione a procedere. Poi i riflettori si sposteranno su Salvini che, come già fatto quando affrontò il caso-fotocopia della Diciotti, ricorderà non solo che i 131 migranti furono salvati con il "parere favorevole dello stesso capo del Viminale", che fece appunto intervenire la Gregoretti in acque maltesi, ma anche che "tutto il governo italiano era consapevole e quindi d'accordo" sul fatto che la nave della Marina Militare fosse "un posto sicuro" dove trattenere temporaneamente gli irregolari. Pertanto è "inverosimile immaginare" che avesse voluto "salvare delle persone per poi sequestrarle". Gli stranieri che si trovavano a bordo erano, infatti, tutti "al sicuro e protetti". Lo sbarco, spiegherà poi il leader leghista, fu rallentato dalle "trattative per la redistribuzione" in Europa e per la "doverosa verifica" dei soggetti che sarebbero entrati nel nostro Paese. Il governo tedesco aveva, infatti, comunicato all'esecutivo guidato da Giuseppe Conte che c'erano almeno tre persone "in grado di mettere a rischio la sicurezza nazionale".

Un atteggiamento che, a differenza di quanto vorrebbero far credere i pm del tribunale dei ministri, non farebbe altro che dimostrare l'evidente difesa dell'interesse nazionale portata avanti dall'ex numero uno del Viminale.

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