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Gregoretti, giorno clou Salvini: scafisti a bordo

Oggi il verdetto a Catania, la difesa dell'ex ministro. Il pm ha già chiesto l'archiviazione

Gregoretti, giorno clou Salvini: scafisti a bordo

Tra i clandestini a bordo della Gregoretti avrebbero potuto esserci anche degli scafisti: è questo ciò che potrebbe giocare a favore di Matteo Salvini all'udienza di oggi a Catania. Sarà infatti emesso nel primo pomeriggio, dal giudice per le udienze preliminari Nunzio Sarpietro, il verdetto: non luogo a procedere, come chiesto nell'ultima udienza dal pm Andrea Bonomo o rinvio a giudizio.

Stando a quanto riportato dal pubblico ministero, trattenere a bordo i migranti per 5 giorni «non fu un atto illegittimo». Per lui «il giudizio non è sull'opportunità di quell'atto" anche perché l'eventuale sequestro di persona sarebbe proseguito anche all'interno dell'hotspot di Pozzallo. Inoltre, il leader della Lega «non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali» e le sue scelte sono state «condivise dal governo». La sua posizione «non integra gli estremi del reato di sequestro di persona» poiché «il fatto non sussiste».

Sarpietro, dopo le eventuali repliche del pm, si ritirerà in camera di consiglio per poi rendere nota la decisione. E Salvini sarà lì ad ascoltare, insieme alla sua legale, l'avvocato ed ex ministro Giulia Bongiorno.

L'accusa che veniva contrastata all'ex titolare del Viminale è quella di aver tenuto, nel luglio del 2019, 131 migranti a bordo della nave della Guardia costiera per diversi giorni.

Ciò su cui ha puntato la difesa è la linea condivisa all'interno dei governi Conte 1 e 2, quando il contratto stipulato tra le parti imponeva una decisione comune o, comunque, che i vari ministri fossero informati di ogni azione dei colleghi. Ma la Bongiorno ha sottolineato anche a più riprese che Salvini ha sempre agito «nell'interesse nazionale».

Secondo l'avvocato, l'operato del suo assistito verteva sull'orientamento «politico del governo» che decideva in maniere collegiale. «L'azione penale - è stato sottolineato nel corso dell'ultima udienza - non doveva nemmeno cominciare perché si trattava di un atto politico insindacabile».

Ma il punto decisivo è un altro. Nella memoria difensiva il leader del partito del Carroccio parla infatti di un «anomalo ritrovamento di un dispositivo che induceva a ritenere che a bordo fossero presenti degli scafisti». Cosa molto probabile, visto che sui barconi viaggiano spesso i trafficanti di esseri umani insieme ai migranti.

Inoltre, nel documento si riporta anche la corrispondenza tra l'ex ministro e il presidente del Consiglio e tra il governo e le istituzioni europee che autorizzavano i ricollocamenti.

Salvini rischia fino a 15 anni di carcere, se fosse rinviato a giudizio e condannato.

Peraltro, nel corso dell'udienza di Catania è stato chiesto il non luogo a procedere, mentre per il caso Open Arms a Palermo, l'ex vicepremier è stato rinviato a giudizio. Una incongruenza importante, visto che i due casi si somigliano in molti punti.

Oltretutto, da tenere in considerazione anche le recenti inchieste di Ragusa e Trapani sulle Ong, che puntano a scardinare un sistema di recupero dei migranti che metterebbe in evidenza possibili collegamenti tra i trafficanti di esseri umani e i volontari dell'accoglienza. Insomma, se da una parte c'è chi incentiva le partenze mettendo a rischio numerose vite umane, dall'altra c'era chi tentava di bloccare i flussi facendo passare una linea decisa e, comunque, condivisa con il resto dei ministri del governo guidato da Giuseppe Conte.

Il quale, se si ricorderà, il 28 dicembre 2019, in occasione della conferenza stampa di fine anno, di fronte a numerosi giornalisti e in diretta video chiarì: «Per quanto riguarda le ricollocazioni abbiamo sempre a livello di presidenza, anche con l'ausilio del Ministero degli esteri, lavorato noi per ricollocare e quindi consentire poi lo sbarco».

Ciò che venne dopo furono accuse pesanti nei confronti di un personaggio politico ritenuto scomodo dagli avversari. I processi contro Salvini sono da subito apparsi come più politici che realmente dettati da una voglia di giustizia.

D'altronde, lo insegnano le dichiarazioni di Luca Palamara che in una delle note intercettazioni disse: «Salvini ha ragione, ma va attaccato».

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