L e conseguenze di un anno di faide e di veleni interni alla Procura di Milano si abbattono all'improvviso su Silvio Berlusconi, nel momento in cui il Cavaliere vedeva ormai a portata di mano la fine della sua condanna, e - in un momento delicato della vita politica nazionale - lo ripiombano nell'incertezza sulla data in cui potrà riprendere appieno la sua attività politica. La richiesta di sconto di pena avanzata dall'ex presidente del Consiglio, che puntava a chiudere con l'11 marzo l'affidamento ai servizi sociali, si scontra con il parere negativo della Procura della Repubblica. È un diniego oggettivamente inatteso, perché va contro a tutte le prassi seguite in questi anni in casi analoghi. Ma ancora più clamoroso è il fatto che il niet sia stato imposto, contro il parere del procuratore Edmondo Bruti Liberati, dal suo avversario Alfredo Robledo, il procuratore aggiunto che da quasi un anno si batte contro di lui e la sua gestione dell'ufficio. Robledo è ormai destinato alla sconfitta, il prossimo 5 febbraio il Csm potrebbe cacciarlo da Milano. Ma si è preso l'ultima soddisfazione, mettendo i bastoni tra le ruote a Bruti su un tema cruciale, che investe in pieno i rapporti tra la Procura milanese e il palazzo della politica.
L'istanza di liberazione anticipata era stata presentata dai legali di Berlusconi nel dicembre scorso. Nell'istanza, il Cavaliere spiegava di avere rispettato scrupolosamente le indicazioni ricevute in aprile, quando aveva chiesto e ottenuto di scontare in affidamento ai servizi sociali la condanna a un anno di carcere per la vicenda dei diritti tv: dal rispetto degli orari del coprifuoco al volontariato tra gli anziani di Cesano Boscone. Per questo Berlusconi chiedeva, che, come previsto dalla legge penitenziaria, gli venisse scontato un mese e mezzo di pena. Anziché il 26 aprile, sarebbe tornato pienamente libero l'11 marzo, e con la libertà di movimento avrebbe anche recuperato il diritto ai pubblici uffici.
Il 19 gennaio Berlusconi aveva incontrato per l'ultimo colloquio gli assistenti sociali; dopo la relazione degli assistenti, il giudice di sorveglianza Beatrice Crosti ha inviato il fascicolo per il parere alla Procura. E qui era di pubblico dominio l'orientamento di Bruti Liberati per un parere positivo, come è consuetudine nel caso di condannati che non abbiano sgarrato. Sembrava filare tutto liscio. Ma l'altro ieri tutto si ribalta. Perché il fascicolo arriva sul tavolo di Alfredo Robledo, che da Bruti è stato confinato al pool esecuzione: un settore oscuro e negletto della Procura, ma che ha la competenza sui provvedimenti del tribunale di sorveglianza. Robledo non ha mai digerito il trasferimento, ma stavolta il nuovo incarico lo mette in condizioni di mettersi - forse per l'ultima volta - di traverso a Bruti. D'altronde tra le accuse che Robledo ha sempre rivolto al suo capo c'è quella di essere troppo sensibile alle ragioni della politica: e il via libera allo sconto sarebbe, per Robledo, l'ennesima prova di questa vicinanza.
Così Robledo affida il fascicolo al più esperto dei suoi sostituti, Ferdinando Pomarici, che guarda caso è stato in questi mesi uno dei magistrati che più gli sono stati vicini nello scontro con Bruti. E Pomarici firma: parere negativo. Deve dare atto che Berlusconi ha rispettato tutte le prescrizioni, e per dire di no, deve aggrapparsi alle esternazioni contro i giudici che Berlusconi si lasciò scappare mesi fa, e che gli costarono un richiamo da parte del giudice Crosti. Ed è ben vero che da allora il Cavaliere si è trattenuto, ma quella macchia in pagella per Pomarici è sufficiente a bocciarlo.
Si tratta solo di un parere, ma che scarica per intero la responsabilità
della decisione sul giudice di sorveglianza, la cui decisione verrà depositata tra oggi e venerdì. Ma intanto il caso è riaperto, e segna una nuova escalation in uno scontro di cui in questo caso Berlusconi è solo la vittima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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