Politica

È guerra Visco-Padoan «Ripresa grazie alla Bce» «No, è merito nostro»

Roma Non incrociano le sciabole come avrebbero fatto due gentiluomini dell'Ottocento, ma usano cifre e citazioni dotte per esternare la loro reciproca disistima. La guerra fra il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ieri ha vissuto un'altra battaglia. Questa volta in campo neutro, a Londra, dove sono stati entrambi ospiti a una conferenza di Ubs.«Per l'Italia, le nostre analisi mostrano che per il 2015-2016 il piano di acquisto di titoli della Bce potrà dare un significativo contributo alla crescita di pil e prezzi, pari a oltre l'1% in entrambi i casi», ha ribadito il numero uno di Palazzo Koch. La tesi sottostante è molto chiara: il contributo dell'azione del governo Renzi alla ripresa sono pressoché nulle quest'anno e risulteranno marginali nel prossimo per il quale è previsto un incremento del Pil dell'1,4% annuo. Al contrario, il programma di allentamento della politica monetaria è stato «un successo».Ovviamente, Padoan non può accettare, senza colpo ferire, che il suo ruolo venga offuscato dal quantitative easing di Mario Draghi e a stretto giro ha replicato. «L'Italia cresce, cresce più di altri Paesi e crea lavoro più di quanto atteso: è la conferma che l'uscita dalla crisi non è un fatto episodico ma strutturale e io penso che in gran parte sia merito della politica del governo», ha rimarcato rivendicando per sé anche l'azione intrapresa dall'agenzia di rating Moody's che sta rivedendo al rialzo i giudizi su una ventina di banche italiane. «È una soddisfazione, un'ulteriore dimostrazione che le cose stanno cambiando nella direzione giusta», ha chiosato entrando a gamba tesa proprio nell'ambito del governatore.Visco, tra un riferimento a Bob Dylan (For the times they are a-changin', «i tempi stanno cambiando») e un altro a Isaac Asimov e a Jules Verne per parlare del futuro come di «un mondo nuovo», ha tirato una stoccata a Padoan. È opportuno considerare «un uso ragionevole della flessibilità attuale entro i limiti delle regole di bilancio europee», ha detto asserendo implicitamente che lo sforamento del deficit rispetto ai programmi, attuato in Italia con la Stabilità, non è salutare per il bilancio pubblico. «Accade che in alcuni ambienti l'Italia sia vista come un Paese che sta chiedendo troppo. Rifiuto del tutto quest'argomentazione: l'Italia non sta perdendo l'opportunità delle riforme», ha subito rintuzzato Padoan nel corso di una video intervista con il Financial Times, ammettendo che il debito pubblico è ancora alto «ma dal prossimo anno il suo peso comincerà a calare». Si fosse trattato di un governo guidato da Silvio Berlusconi lo scontro avrebbe avuto altre conseguenze in Parlamento. Ieri ha prevalso il rispettoso silenzio nei confronti di Renzi che ne ha approfittato per ribadire che «l'Italia è ripartita». Tornando agli istituti di credito e alla Bce, ieri il Fondo interbancario di tutela dei depositi ha deliberato un intervento da circa 400 milioni per il salvataggio di Banca Etruria, l'istituto del quale prima del commissariamento era vicepresidente il padre del ministro Maria Elena Boschi.

Ma serve l'ok di Francoforte.

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