Coronavirus

"Gufate" e insulti. Così la sinistra infanga l'ospedale dei record

Realizzato a Milano in 10 giorni, è pronto per ospitare 157 pazienti. Ma i dem rosicano

"Gufate" e insulti. Così la sinistra infanga l'ospedale dei record

Altri 104 posti consegnati. E ora avanti con i collaudi. Anche il secondo piano dell'ospedale in Fiera è stato terminato e a oggi sono 157 i posti-letto allestiti in totale. Presto si arriverà ai complessivi 208, assicurano i promotori. Voluto da Regione e Fondazione Fiera e inquadrato come un Padiglione del Policlinico, il centro è stato realizzato in 10 giorni effettivi per rispondere a esigenze diverse, attuali e in prospettiva, e non solo milanesi, come il governo ha riconosciuto. Eppure anche l'ospedale milanese è diventato oggetto di polemiche della sinistra, che vede pure in quest'opera un pretesto per screditare la Regione. Eppure tre giorni fa, in occasione del Centenario, anche il presidente Sergio Mattarella ha elogiato l'opera della Fiera in una lettera ai vertici dell'ente milanese.

Attualmente il centro ospita 10 pazienti, 4 uomini e 6 donne. Il giorno in cui il progetto è stato presentato, il 19 marzo, è stato fra i più drammatici. Nelle 24 ore precedenti si erano registrati 319 decessi e il governatore Attilio Fontana aveva pronunciato un appello più accorato del solito: «State a casa o non potremo più curarvi». Nella notte precedente un volo aveva trasferito a Bari due pazienti di Bergamo. Uno dei due purtroppo era deceduto nonostante le manovre dei rianimatori sulla pista di atterraggio. La Regione aveva già messo mano a tutti gli sforzi per raddoppiare i posti della terapia intensiva, passati da 724 a 1.500. In quella fase si temeva che una ondata di contagi avrebbe potuto investire Milano, con esiti impensabili. E anche ora la città non ha del tutto scongiurato il rischio di una grave diffusione del virus. Gli attuali vertici della Protezione civile avevano dichiarato che per allestire un ospedale sarebbe servito un mese. Ebbene, dieci giorni dopo quel progetto era realtà. Il balletto della sinistra era già iniziato e non si è fermato il 31 marzo, giorno della conferenza stampa in Fiera. Il Pd Lombardia lo ha definito «uno show» «in pompa magna», «un vero e proprio assembramento», qualcuno sui giornali vide l'inaugurazione «di un focolaio» vista la presenza di giornalisti e operatori (peraltro distanziati e controllati coi termometri). Il Manifesto è arrivato a scrivere «nessuna traccia dell'hub annunciato da Fontana». Il Pd, dovendo criticare ogni giorno la Regione, ha finito per oscillare, dicendo tutto e il suo contrario. Prima qualcuno nel gruppo dem ha sostenuto l'ipotesi Legnano, seguendo un sindacato che voleva riaprire un vecchio ospedale del Milanese. Il capogruppo Fabio Pizzul ha liquidato la cosa come «un progetto settoriale». L'eurodeputato Pierfrancesco Majorino prima ha spiegato che non c'era «altro tempo da aspettare per l'ospedale in Fiera», poi ha profetizzato che avrebbe richiesto «tempi più lunghi» e ha sentenziato che «la partita si vince fuori dagli ospedali», infine lo ha definito «un piccolo passo ma significativo» e ieri ha rilanciato l'intervento di un comunicatore che ha parlato di tre pazienti riaprendo la bagarre. E anche le Sardine sono tornate a galla per contestare l'ospedale e chiedere addirittura le dimissioni di Fontana.

Qualcuno sembra considerare negativo il fatto che i pazienti siano meno del previsto. In realtà l'ospedale risponde a una logica che l'assessore Giulio Gallera ha ricondotto al «modello israeliano». Realizzare in ogni provincia interi reparti o ospedali «pronti e attivati per le emergenze»: «Tutti dicono che le pandemie arrivano a ondate varie e qualcuno dice a ottobre potrebbe essercene un'altra». Anche gli esperti del Policlinico prevedono che dovremo fare i conti con ondate: una potrebbe verificarsi in autunno ma un nuovo aumento dei contagi potrebbe registrarsi anche prima, quando il «lockdown» sarà allentato.

E intanto gli altri ospedali dovranno per forza tornare alla normalità, con sale operatorie, spazi e reparti riconvertiti alla loro destinazione fisiologica e originaria.

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