Che cos'è che unisce Adolf Hitler e i figli dei fiori? Ma sì, il Maggiolino! Nome colloquiale italiano (in inglese è Beetle, in francese Coccinelle, in tedesco Käfer) della Volkswagen Typ1. Che è rimorta ieri dopo essere già defunta e resuscitata una volta alla fine degli anni Novanta. La casa automobilistica di Wolfsburg ha annunciato che il modello (ormai vecchio, non in linea con le nuove modularità ingegneristiche e - peccato più grave di tutti - pochissimo acquistato dai consumatori) non verrà più prodotto a partire dal luglio 2019 e che per glorificarne la fine saranno prodotte due limited edition celebrative, una coupé (da 23.045 dollari) e una convertibile (da 27.295 dollari).
Parlare della fine di un'epoca è improprio, perché quell'epoca è archiviata da tempo. Ma certo un groppo allo spinterogeno è inevitabile. Il Maggiolino è una leggenda autentica dell'automobilismo popolare, prima vera world car che ha attraversato latitudini geografiche e longitudini generazionali. Escogitata nel 1936 dall'industriale Ferdinand Porsche, che presentò un progetto scopiazzato dalla ceca Tatra V570 ma che comunque entusiasmò il führer Adolf Hitler ansioso di dotare i tedeschi di una vettura capiente e accessibile per abitare le sue strade nuove di zecca, ha iniziato a circolare nel 1938 e ha conosciuto numerose stagioni fino al 2003, anno in cui la versione originale, quella dal design iconico e ironico, fu pensionata. Sostituita nei listini dei concessionari dalla rétrò New Beetle lanciata con un claim irresistibilmente nostalgico («se ti sei venduto l'anima negli anni Ottanta, ora puoi ricomprarla») e nel 2011 dal tecnologico Maggiolino 2.0, ma mai nei cuori di chi per quasi settant'anni ne aveva acquistato oltre 21 milioni di esemplari, facendone tuttora il quarto modello più venduto nella storia della locomozione dopo la Toyota Corolla, la Ford F-150 e la sorella VW Golf.
Il Maggiolino (che identificava il modello Typ 1/113 M15, più agile, mentre i Typ 1/1302 e 1303 erano detti Maggiolini) è un'automobile parcheggiata stabilmente nel nostro immaginario. All'inizio fu alla sua solida scocca che venne affidato il compito di trasportare il sogno della motorizzazione di massa del Reich (al punto che l'auto fu ribattezzata Kraft durch Freude-Wagen, dal nome dell'ente dopolavoristico che tratteneva le quote dello stipendio dei lavoratori per finanziarne l'acquisto), poi nel secondo dopoguerra divenne davvero globale. La promozione nel pantheon universale delle utilitarie coincise con lo sbarco negli Stati Uniti nel 1949. Gli americani si innamorarono di quella vettura nel frattempo più rifinita e accessoriata e negli anni Sessanta l'automobile nazista si trasformò nel contenitore ambulante degli hippy di tutto il mondo. A Hollywood qualcuno pensò perfino di creare una saga cinematografica dedicata all'automobile umanizzata, decenni prima di Cars: era nato Herbie, il Maggiolino tutto matto.
Leggenda vuole che la Volkswagen ingaggiò Battista Farina, l'inventore della Pininfarina, per chiedergli di migliorare la vettura e che lui - il genio del design a quattro ruote - sbigottì: «Ma davvero volete
migliorare un'auto già perfetta?».Addio, auto perfetta. Anzi ciao. Dicono che forse sarai riesumata elettrica. Ma sappiamo benissimo che non sarà mai più la stessa cosa. Il sentimento ha delle ragioni che l'ecologia non conosce.
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