"Ho paura, sono mostri. Restino in cella"

La vittima della violenza terrorizzata teme ritorsioni dai due esponenti di Casapound

"Ho paura, sono mostri. Restino in cella"

Roma «Devono restare in carcere. Ho paura di quei mostri». Stupro di gruppo a Viterbo: chiesta la scarcerazione per Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci, i ventenni accusati di violenza sessuale di gruppo e lesioni aggravate. Per i due esponenti di Casapound sono stati chiesti gli arresti domiciliari.

E il legale della donna massacrata di botte, seviziata e stuprata a turno, l'avvocato Franco Taurchini, è pronto per l'incidente probatorio. «Vogliamo cristallizzare la denuncia - dice -. La donna è provata e terrorizzata. Teme che se escono la facciano ritrattare». Un'inchiesta pesante: immagini raccapriccianti emergono dai tre video e dalle foto scattate la notte del 12 aprile nell'Old Manners Tavern di piazza Sallupara e circolate fra i «camerati» di Vallerano e Viterbo. Un vanto per Chiricozzi e Licci, il primo consigliere comunale nella Tuscia. Uno stupro che è soprattutto un'impresa da mostrare a tutti, persino ai parenti.

«Ci siamo fatti una milf» avrebbero raccontato mentre le immagini circolavano su due gruppi, uno di Blocco Studentesco e uno detto «Bazzi». Chat in cui erano anche i familiari di Licci. È il padre di Riccardo, dopo aver visto le foto, a scrivere: «Cancella le chat che sono cavoli per tutti». Altri: «Al pub ci sono le guardie, togli i video, di corsa». Sull'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Rita Cialone particolari terribili. Botte e sevizie difficili da inquadrare come un rapporto accondiscendente. Foto della donna a terra, incosciente, con una mano sulla bocca e in posizione fetale.

Nonostante il buio le riprese sono chiarissime: un pugno su un occhio per farle perdere i sensi, la prova del braccio lasciato cadere a peso morto e il resto. I due sulla poveretta che, a turno, la riprendono urlando e bestemmiando. E la violentano prima uno poi l'altro mentre lei, alla fine del supplizio e con un filo di voce, implora «Basta!». Un rapporto sessuale «consenziente» difficile da dimostrare per i loro avvocati, Mazzatosta, Labate e Gorziglia, nonostante le prove presentate nell'interrogatorio di garanzia, dei testimoni nel pub vicino. Quello che è accaduto nel seminterrato dell'Old Tavern lo raccontano i minuti di torture riprese dagli smartphone. Una prova regina. Inutile il tentativo di eliminare l'intera applicazione, Whatsapp, dal telefono.

I due, secondo l'accusa, avrebbero compiuto le violenze sessuali nei confronti della 36enne in maniera «beffarda e sprezzante». «T'ammazzo» e poi parolacce, gestacci, e persino l'uso di un soprammobile nelle parti intime della poveretta. «Il video ha il chiaro scopo - si legge sull'ordinanza - di schernire la malcapitata esibendo come fosse un trofeo un tale scempio». Persona in «palese condizioni di inferiorità psico-fisica».

L'assenza di abrasioni sulle parti basse - spiega l'avvocato Taurchini - tipiche di violenze sessuali, sono spiegate dal medico come conseguenza dello stato di assoluta incoscienza della vittima, che, svenuta, non era in grado di opporre resistenza e contrarsi».

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