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Hong Kong, golpe cinese le elezioni tra un anno "Torneremo in piazza"

La governatrice Lam: "La colpa è del Covid" Altri sei arresti. Wong: "Ci faremo sentire"

Hong Kong, golpe cinese le elezioni tra un anno "Torneremo in piazza"

Per la governatrice di Hong Kong Carrie Lam è «un atto dovuto», per il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin si tratta di «questioni interne che non riguardano altri Paesi se non il nostro», ma per l'opinione pubblica internazionale il rinvio di un anno delle elezioni politiche dell'ex colonia britannica ha tutti i contorni di un golpe perpetrato da Pechino. Non è bastato alla Lam aver depennato 12 candidati dell'opposizione dalle liste elettorali. Neppure gli arresti di 4 blogger è stato ritenuto dalla Cina sufficiente a «manipolare» l'esito delle prossime consultazioni. Si è arrivati al «golpe sanitario» per scongiurare l'avanzata democratica a Hong Kong. Ieri in conferenza stampa la governatrice ha annunciato che le elezioni politiche del 6 settembre sono state rinviate a causa dell'emergenza legata al Covid-19. Lam ha parlato di una «situazione grave della pandemia», aggiungendo di avere «il sostegno nell'adozione di questa difficile decisione» del governo centrale di Pechino. «É la decisione più difficile degli ultimi 7 mesi», ha sottolineato. I nuovi casi di Covid-19 a Hong Kong sono un fattore che in parte pesano sulle elezioni politiche alla luce della terza ondata del virus, ma è altrettanto assodato che il padre padrone della Cina Xi Jinping voglia scongiurare la quasi certa vittoria di movimenti filo-occidentali, ampiamente in vantaggio nei sondaggi. Le reazioni non si sono fatte attendere. Il leader dell'opposizione Joshua Wong ha parlato di «vergognosa caccia alle streghe. Ormai credo che sia chiaro a tutti come la democrazia a Hong Kong sia un concetto astratto e calpestato. Torneremo in piazza per far sentire la nostra voce». Purtroppo la situazione sembra peggiorare di giorno in giorno. Ieri Pechino ha ordinato l'arresto di altre 6 persone. L'attivista per la democrazia Nathan Law è ricercato dalla polizia di Hong Kong per presunta violazione della nuova legge sulla sicurezza nazionale. Secondo quanto riferito dall'emittente televisiva di stato cinese «Cctv», Law e altri cinque, l'ex impiegato al consolato britannico Simon Cheng e gli attivisti Ray Wong, Samuel Chu, Wayne Chan e Honcques Laus, sono sospettati di incitamento alla secessione e collusione con forze straniere ai sensi della nuova legge. Nathan Law, uno tra i volti più noti dell'attivismo democratico di Hong Kong, aveva annunciato il 2 luglio di aver lasciato l'ex colonia britannica dopo l'entrata in vigore dei provvedimenti che vietano di fatto il dissenso nel territorio. A giugno, a Cheng è stato concesso l'asilo nel Regno Unito mentre Honcques Laus ha dichiarato questa settimana che anch'egli sta cercando asilo a Londra. Secondo quanto riferito dai media locali a Wong era stato concesso asilo in Germania. Il clima politico di Hong Kong è paradossalmente sempre più simile a quello del resto della Cina. La libertà d'espressione si trasforma sempre più in un concetto astratto. Molta gente ha cancellato dai propri social frasi pubblicate nel recente passato. Giornalisti, avvocati, ricercatori, e altre categorie di professionisti si chiedono se possano continuare a svolgere il loro lavoro come prima. Molte organizzazioni sociali o politiche si sono sciolte, incluse il partito Demosisto fondato da Joshua Wong.

Anson Chan, per molti anni popolare numero due di Hong Kong, e ritiratosi nelle settimane scorse a vita privata, viene presa di mira dalla stampa cinese, accusata di essere un'esponente della «banda dei quattro», ovvero di un gruppo di «grandi vecchi» che avrebbero sostenuto politicamente il movimento democratico e innescato la Rivoluzione degli Ombrelli del 2014.

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