Cristina Bassi
Milano È in una cella singola, guardato a vista 24 ore su 24 nel carcere milanese di San Vittore. Ismail Tommaso Hosni, il ventenne italiano con padre tunisino arrestato giovedì sera per aver accoltellato due militari e un agente Polfer in stazione Centrale, ieri mattina è stato interrogato dal gip Manuela Scudieri. «Non ricordo nulla dell'aggressione, avevo assunto cocaina», ha detto il ragazzo assistito dal legale Giuseppina Regina.
Il difensore, come anticipato nei giorni scorsi, ha chiesto per Hosni una perizia psichiatrica. Il pm Maura Ripamonti, che lo accusa di tentato omicidio, ha invece chiesto al gip la convalida dell'arresto e che venga disposta la custodia cautelare in carcere. Il giudice quindi nelle prossime ore deciderà su tutte e tre le istanze. Su Hosni è stato aperto anche un fascicolo d'indagine parallelo per terrorismo internazionale, a proposito della presunta radicalizzazione e del reclutamento come «soldato» dell'Isis. I pm titolari del filone affidato alla Digos sono Alberto Nobili, che coordina il pool anti terrorismo della Procura, e Alessandro Gobbis, specializzato in reati informatici. È su internet infatti, in particolare sul suo profilo Facebook, che sono state trovate le prime tracce (inni dell'Isis e video di combattenti del Califfato) dell'avvicinamento di Hosni alla jihad.
L'ipotesi dell'anti terrorismo è che il ragazzo, che ha un passato problematico e precedenti per spaccio, avesse già in mente un'azione violenta o dimostrativa già prima che la pattuglia mista lo controllasse. Motivo per cui aveva appena rubato in un supermercato i due coltelli da cucina usati per ferire i soldati e il poliziotto. «Ho rubato quei coltelli - ha sostenuto Hosni davanti al gip - perché in Centrale c'erano delle persone che volevano farmi del male, per difendermi. Avevo già subito un'aggressione in zona Maciachini. Ricordo che quella sera ero in stazione, ma non ricordo nulla dell'aggressione. Quando mi sono svegliato, avevo il sangue sulle mani». Il 20enne aveva avuto un malore dopo l'accoltellamento ed è effettivamente risultato positivo alla cocaina. Nelle sue prime dichiarazioni il ragazzo aveva detto di essere «arrabbiato ed esasperato», ma anche «dispiaciuto». Nello stesso interrogatorio in carcere durato circa un'ora e mezza non sono stati fatti accenni o domande sul terrorismo. Nei giorni scorsi però Hosni aveva spiegato di essere musulmano ma non praticante e aveva negato qualunque legame con persone vicine all'Isis. Gli inquirenti concentrano l'attenzione sui suoi contatti con Ahmed Jbali, un 24enne libico segnalato come possibile affiliato all'organizzazione terroristica. Il giovane nato a Milano nel 1996 ha infine ripercorso il proprio passato di abbandono e precarietà. A due anni e mezzo è andato in Tunisia perché la madre, residente in provincia di Foggia, era stata arrestata e la sorella era stata affidata a un'altra famiglia. Nel Paese del padre intorno ai 10 anni è stato in cura da uno psicologo. Nel 2015 è tornato in Italia: «Ma non mi trovavo bene con mia madre e il nuovo marito», ha spiegato. Tornato a Milano, ha vissuto un po' con la zia e poi in strada. «Persone più grandi di me mi picchiavano e mi davano la droga» da spacciare, ha aggiunto. Il suo legale lo ha descritto come «assente e con lo sguardo basso.
Si trova nel centro di osservazione psichiatrica del carcere - ha sottolineato l'avvocato Regina - e lo psichiatra ha chiesto che venga visitato dal personale del Sert. Lui ha chiesto di poter telefonare alla nonna in Tunisia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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